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          |  Le chiese e le torri |  |   
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          | «Ancora 
            masse brune di edifici sacri, altri uccelli che entrano ed escono 
            volando dalle fessure delle pietre, ed altri mostri ringhiosi che 
            servon da base alle colonne. Di nuovo ricche chiese, messe sonnolente, 
            volute d'incenso, campane che suonano, preti con vesti lucenti: quadri, 
            ceri, paramenti d'altare merlettati, croci, immagini e fiori finti.» Dickens trovandosi nella città più importante dello 
              Stato Pontificio, sottolinea la ricchezza del clero e degli edifici 
              sacri, mentre con esuberanza immaginativa raccontando delle chiese 
              crea atmosfere cupe e quasi misteriose, con una visione antropomorfica 
              delle cose. Il patrimonio della Chiesa si allargava a più 
              di sessanta conventi e a numerosissimi edifici di culto presentati 
              dallo scrittore, di fede anglicana e antipapista, come luoghi solenni 
              ma desolati, abitati da uccelli e animati da funzioni religiose 
              sonnolente. |   
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                      | Luigi Basoli e Francesco Basoli dis. e 
                        inc., Antonio Basoli dip. 1829, Chiesa di S. M. Maddalena 
                        in Bologna coll'apparato funebre del Priore Parroco D. 
                        Mandini |  | 
                     
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                      | Luigi Basoli e Francesco Basoli dis. e 
                        inc., Antonio Basoli dip. 1829, Cappella del S. Sepolcro 
                        nella Chiesa di S. Stefano in Bologna |   
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                      | Nella basilica di San Petronio lattenzione 
                        dello scrittore è catturata unicamente dalla meridiana 
                        di Cassini (1655): forse per il suo primato - si tratta 
                        infatti della più lunga linea meridiana al mondo- 
                        o forse per gli effetti di luce che essa crea allinterno 
                        della chiesa. Dickens infatti scrive che anche se non 
                        ci fossero altre opere darte da segnalare «la 
                        grande meridiana sul pavimento della chiesa di San Petronio, 
                        dove i raggi del sole segnano lora tra gente inginocchiata, 
                        costituirebbe un piacevole ricordo fantastico». |  |   
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                |  Ludovico Aureli (1816-1865) lit., Angiolini (1838-1881) ed., 
                  Interno della Basilica di San Petronio con la meridiana di 
                  Gian Domenico Cassini, 1857
 
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                | Gaetano Dallanoce dis., Luigi Basoli e 
                  Francesco Basoli dis. e inc., Antonio Basoli dip. 1832, Strada 
                  degli Orefici in Bologna |  | 
               
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                | Via Orefici Fotografia, fine sec. XIX
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                | Gaetano Dallanoce dis., Luigi Basoli e 
                  Francesco Basoli dis. e inc., Antonio Basoli dip. 1828 Altana del sig. Professore Schiassi colla veduta della città 
                  di Bologna
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          | Le Due Torri, simbolo della 
            città medievale e quintessenza del pittoresco, sono brevemente 
            descritte da Dickens, che le trova sgraziate per la loro asimmetria. |   
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                | Gaetano Dallanoce dis., Luigi Basoli e Francesco
 Basoli dis. e inc., Antonio
 Basoli dip. 1832, Torri
 Asinelli e Garisendi in Bologna
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                |  |   
                | Via di Mercato di Mezzo e la Torre Asinelli, ante 1889
 |    | La 
            stretta via come si presentava prima degli sventramenti del Piano 
            Regolatore del 1889, quando, come Dickens osservava, la Torre offriva 
            «uno sfondo straordinario alla prospettiva 
            di alcune stradine»: una potente visione che riaffiorerà 
            anche nelle pagine del capitolo Un sogno italiano nelle Pictures 
            from Italy, dove riassume in una visione onirica gli aspetti delle 
            città visitate fino a quel momento, che più lo avevano 
            colpito. |   
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          | «Viaggiavo ormai 
              da alcuni giorni, riposando pochissimo durante la notte e mai durante 
              la giornata. La rapida ed ininterrotta successione di avvenimenti 
              che mi erano accaduti mi tornò sotto forma di sogni confusi: 
              una folla di cose vagava nella più gran confusione nella 
              mia mente, mentre proseguivo il cammino per una strada solitaria.Ad 
              intervalli, qualcuna di esse, nel suo passare avanti ed indietro 
              senza posa, si fermava per un istante e mi consentiva di guardarla 
              fisso ed osservarla distintamente. Per dissolversi qualche attimo 
              dopo, come la figura di una lanterna magica; e mentre vedevo ancora 
              perfettamente alcune parti di essa, alcune altre confusamente e 
              alcune non più del tutto, mi appariva un altro dei tanti 
              posti visitati negli ultimi tempi, dapprima indugiando e poi sovrapponendosi. 
              Questo, a sua volta, era appena diventato distinguibile che si trasformava 
              in qualcosa d'altro.
 Ad un certo momento mi trovavo di nuovo davanti le scure, vecchie, 
              scabre chiese di Modena. Appena ebbi riconosciuto le curiose colonne 
              con i truci mostri come base, mi parve di vederle drizzarsi solitarie 
              nella silente piazza di Padova, dov'era la vecchia, contegnosa università, 
              e le persone, togate, con atteggiamento schivo, si raggruppavano 
              qua e là, nel grande spazio antistante.
 Poi stavo passeggiando alla periferia di questa piacevole città, 
              ammirando l'insolita cura con cui erano tenute le abitazioni, i 
              giardini e gli orti, come li avevo visti poche ore prima. In loro 
              vece spuntarono, di colpo, le due torri di Bologna; ma la più 
              ostinata di tutte queste visioni non riuscí a tenere il campo 
              per un minuto, prima del mostruoso castello di Ferrara con il suo 
              fossato, che, come un'illustrazione di un racconto tempestoso, mi 
              appariva nei rossi raggi del sole nascente, dominante sulla solitaria, 
              desolata città abbandonata alle erbacce. Insomma io avevo 
              in testa quell'incoerente ma piacevole stato di confusione che i 
              viaggiatori sono portati ad avere, e che vagamente amano incoraggiare. 
              Ogni sussulto della carrozza nella quale sedevo, sonnecchiando al 
              buio, sembrava tirare nuovi ricordi fuori dal loro posto e cacciarvene 
              dentro altri; ed in questo stato caddi addormentato.»
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