Archiweb- Biblioteca digitale dell'Archiginnasio Sulle tracce di Dickens
   
Introduzione

Pictures from Italy

- Dickens in Emilia
- Parma
- Modena
- Ferrara

Dickens entra a Bologna
- Dickens e Byron

Il cimitero di Bologna
- La tomba di Lady Sophia Butler Mariscotti

Il centro della città

I portici

Le chiese e le torri

Gli almanacchi

A Christmas Carol

Il Fondo Bianchi

Tracce dickensiane nei fondi della biblioteca

Periodici inglesi in Archiginnasio
- The London and Paris Observer or Weekly Chronicle of Literature, Science and fine arts
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Acquisizioni recenti

Bibliografia

Dickens in Emilia



G. B. Bordiga, Italia postale al 1/2.000000 del terreno coll’indicazione del confine dello Stato pontificio..., 1820
Partito da Genova il 6 novembre 1844, Charles Dickens fa tappa ad Alessandria e viaggiando tutta notte il 7 raggiunge il piccolo centro di Stradella e vi pernotta. Viaggia a bordo di una carrozza «il cui abitacolo sarebbe stato piccolo per un calessino», con alcuni tipi umani, che descrive, da par suo, con tratti arguti: il Bravo Corriere Roche, incaricato di organizzare per lui gli aspetti pratici del viaggio; un prete molto vecchio accompagnato da un giovane gesuita, un avvocato di provincia e «un signore con un naso rosso che aveva una lucentezza particolare».
A Piacenza, che era a quattro o cinque ore di viaggio da Stradella (velocità di crociera, quattro miglia all’ora suppergiù), arriva l’8 novembre; dorme in un albergo. Il mattino successivo sale «sulla più alta carrozza di posta mai vista» che lo condurrà nelle altre città dell’Emilia, attraverso la pianura padana, di cui apprezza l’aspetto e in particolare i vigneti ‘maritati’ agli olmi.
Il 9 visita Parma e Modena, giungendo a Bologna nel cuore della notte. Vi resta soltanto una mezza giornata, giusto il tempo per un’occhiata al centro storico e per una visita al Cimitero monumentale: dopo pranzo, domenica 10 novembre riprende la diligenza e al tramonto già esplora Ferrara. L’indomani riparte all’alba: a tarda notte è a Venezia.
Dunque, non più di quattro giorni per attraversare l’Emilia. La descrive con accenti di personalissima introspezione, catturato dall’atmosfera di inerte apatia che gli suggerisce il malgoverno nei vari stati preunitari, e in particolare nello Stato Pontificio («le chiavi arrugginite di Pietro»). Con acuta lungimiranza, percepisce tuttavia le capacità di riscatto degli Italiani (diede poi un attivo contributo alla causa dell'indipendenza), e nel congedarsi da loro afferma: «il buono che è sempre stato in loro è ancora in loro, ed un grande popolo può, un giorno, sorgere da queste ceneri. Lasciateci nutrire questa speranza!». Come preda dell’apatia che lo circonda, il romanziere si crogiola in un torpido ozio non senza un sottile compiacimento: «sento che mi sto arrugginendo» afferma. «Che strano dormiveglia, deliziosamente triste, è il vagare per questi posti che si sono addormentati e che si scaldano al sole! Ciascuna, a sua volta, sembra essere, di tutte le città desolate, ammuffite, dimenticate da Dio nel vasto mondo, la capitale».
Dichiara quindi a chiare lettere il suo gusto per il pittoresco, che le città emiliane compiutamente appagano, con la loro decadenza avvolta da suggestive penombre. Ma va oltre, si addentra nelle spire dell’inconscio visionario dove albergano trasfigurazioni oniriche simbolicamente allusive, che paiono tratte dai romanzi orrifici del suo tempo, sulla scia di Edgar Allan Poe.
E i fantasmi sono evocati, sia di fronte alla putredine del Teatro Farnese a Parma, che Dickens trova molto adatto ad eventuali, spettrali recite; sia nel «mostruoso» Castello Estense, che l’alba tinge di un color rosso sangue quasi a ricordo del supplizio inflitto a Parisina Malatesta ed al suo amante.
Nelle descrizioni dickensiane, talvolta, gli elementi del paesaggio negli esterni e negli interni, si animano di vita propria, disegnano un mondo fantastico dotato di autonome inclinazioni, che riflettono quelle del riguardante. A Piacenza «strade di austere case … guardano in cagnesco le case di rimpetto». Nei campi ammira «le reti gettate dalle fate sui grandi alberi per farli prigionieri, per gioco». «Dentro gli alberghi – osserva a Ferrara – malevoli corridoi circondano le camere da letto da tutti i lati, riempiendole di porte inutili, che non possono essere chiuse, che non si aprono e che fanno capo ad un’oscurità color della pece». Anziché nel Bel Paese sembra spesso di ritrovarsi nei pressi della casa degli Usher, cui era intitolato il racconto del terrore pubblicato da Poe nel 1839.
Un altro leit-motiv ricorrente è l’idiosincrasia per la religione cattolica, vista come iterazione di riti svuotati di ogni slancio spirituale.



Pietro Pietra, Vecchia Bologna. Cambio dei cavalli a Porta di Strada Maggiore. 800. Sec. XX, prima metà.
     

Durante il suo secondo viaggio in Italia, proveniente da Firenze e diretto a Venezia, tra il 20 e il 25 novembre 1853 Dickens fu di nuovo a Bologna; ma, secondo quanto scrive in una lettera, si fermò giusto il tempo per sorbire un tè, forse presso una delle porte della città, dove le carrozze di posta sostavano per il cambio dei cavalli. Pietro Pietra ha rappresentato in una serie di litografie tratte da acquerelli policromi queste diligenze cariche di passeggeri, ferme sotto le mura in corrispondenza dei varchi cittadini negli anni ’30 dell’Ottocento.

 

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