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               G. B. Bordiga, Italia postale al 1/2.000000 del terreno collindicazione 
              del confine dello Stato pontificio..., 1820Partito 
              da Genova il 6 novembre 1844, Charles Dickens fa tappa ad Alessandria 
              e viaggiando tutta notte il 7 raggiunge il piccolo centro di Stradella 
              e vi pernotta. Viaggia a bordo di una carrozza «il 
              cui abitacolo sarebbe stato piccolo per un calessino», 
              con alcuni tipi umani, che descrive, da par suo, con tratti arguti: 
              il Bravo Corriere Roche, incaricato di organizzare per lui gli aspetti 
              pratici del viaggio; un prete molto vecchio accompagnato da un giovane 
              gesuita, un avvocato di provincia e «un 
              signore con un naso rosso che aveva una lucentezza particolare».
 A Piacenza, che era a quattro o cinque ore di viaggio da Stradella 
              (velocità di crociera, quattro miglia allora suppergiù), 
              arriva l8 novembre; dorme in un albergo. Il mattino successivo 
              sale «sulla più alta carrozza 
              di posta mai vista» che lo condurrà nelle 
              altre città dellEmilia, attraverso la pianura padana, 
              di cui apprezza laspetto e in particolare i vigneti maritati 
              agli olmi.
 Il 9 visita Parma e Modena, giungendo a Bologna nel cuore della 
              notte. Vi resta soltanto una mezza giornata, giusto il tempo per 
              unocchiata al centro storico e per una visita al Cimitero 
              monumentale: dopo pranzo, domenica 10 novembre riprende la diligenza 
              e al tramonto già esplora Ferrara. Lindomani riparte 
              allalba: a tarda notte è a Venezia.
 Dunque, non più di quattro giorni per attraversare lEmilia. 
              La descrive con accenti di personalissima introspezione, catturato 
              dallatmosfera di inerte apatia che gli suggerisce il malgoverno 
              nei vari stati preunitari, e in particolare nello Stato Pontificio 
              («le chiavi arrugginite di Pietro»). 
              Con acuta lungimiranza, percepisce tuttavia le capacità di 
              riscatto degli Italiani (diede poi un attivo contributo alla causa 
              dell'indipendenza), e nel congedarsi da loro afferma: «il 
              buono che è sempre stato in loro è ancora in loro, 
              ed un grande popolo può, un giorno, sorgere da queste ceneri. 
              Lasciateci nutrire questa speranza!». Come preda 
              dellapatia che lo circonda, il romanziere si crogiola in un 
              torpido ozio non senza un sottile compiacimento: «sento 
              che mi sto arrugginendo» afferma. «Che 
              strano dormiveglia, deliziosamente triste, è il vagare per 
              questi posti che si sono addormentati e che si scaldano al sole! 
              Ciascuna, a sua volta, sembra essere, di tutte le città desolate, 
              ammuffite, dimenticate da Dio nel vasto mondo, la capitale».
 Dichiara quindi a chiare lettere il suo gusto per il pittoresco, 
              che le città emiliane compiutamente appagano, con la loro 
              decadenza avvolta da suggestive penombre. Ma va oltre, si addentra 
              nelle spire dellinconscio visionario dove albergano trasfigurazioni 
              oniriche simbolicamente allusive, che paiono tratte dai romanzi 
              orrifici del suo tempo, sulla scia di Edgar Allan Poe.
 E i fantasmi sono evocati, sia di fronte alla putredine del Teatro 
              Farnese a Parma, che Dickens trova molto adatto ad eventuali, spettrali 
              recite; sia nel «mostruoso» 
              Castello Estense, che lalba tinge di un color rosso sangue 
              quasi a ricordo del supplizio inflitto a Parisina Malatesta ed al 
              suo amante.
 Nelle descrizioni dickensiane, talvolta, gli elementi del paesaggio 
              negli esterni e negli interni, si animano di vita propria, disegnano 
              un mondo fantastico dotato di autonome inclinazioni, che riflettono 
              quelle del riguardante. A Piacenza «strade 
              di austere case 
 guardano in cagnesco le case di rimpetto». 
              Nei campi ammira «le reti gettate dalle fate sui grandi alberi 
              per farli prigionieri, per gioco». «Dentro 
              gli alberghi  osserva a Ferrara  
              malevoli corridoi circondano le camere da letto da tutti i lati, 
              riempiendole di porte inutili, che non possono essere chiuse, che 
              non si aprono e che fanno capo ad unoscurità color 
              della pece». Anziché nel Bel Paese sembra 
              spesso di ritrovarsi nei pressi della casa degli Usher, cui era 
              intitolato il racconto del terrore pubblicato da Poe nel 1839.
 Un altro leit-motiv ricorrente è lidiosincrasia per 
              la religione cattolica, vista come iterazione di riti svuotati di 
              ogni slancio spirituale.
 
               
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                |  Pietro Pietra, Vecchia Bologna. Cambio dei cavalli a Porta di Strada Maggiore. 800. Sec. XX, prima metà.
 |  | Durante il suo secondo viaggio in Italia, proveniente 
                    da Firenze e diretto a Venezia, tra il 20 e il 25 novembre 
                    1853 Dickens fu di nuovo a Bologna; ma, secondo quanto scrive 
                    in una lettera, si fermò giusto il tempo per sorbire 
                    un tè, forse presso una delle porte della città, 
                    dove le carrozze di posta sostavano per il cambio dei cavalli. 
                    Pietro Pietra ha rappresentato in una serie di litografie 
                    tratte da acquerelli policromi queste diligenze cariche di 
                    passeggeri, ferme sotto le mura in corrispondenza dei varchi 
                    cittadini negli anni 30 dellOttocento. |  |