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          |  Il cimitero di Bologna |   
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                | Comunque 
                  sia la domenica successiva mi sono trovato a passeggiare nel 
                  piacevole cimitero di Bologna, tra colonnati e tombe imponenti, 
                  in compagnia di una folla di contadini e scortato da un piccolo 
                  cicerone locale, che aveva eccessivamente a cuore la reputazione 
                  del posto ed era troppo sollecito a distogliere la mia attenzione 
                  dai monumenti brutti: mentre non si stancava mai di esaltare 
                  quelli belli». Ciò che più distingue Bologna, oltre allinusitato 
                  svettare delle due torri e la Meridiana di San Petronio, è 
                  il convento della Certosa, adibito dal 1801 a Cimitero monumentale, 
                  unico nel suo genere in Italia, fino alla metà dellOttocento, 
                  e oltre. In occasione dellannuale apertura generale, quella 
                  domenica 10 novembre 1844, Dickens trascorre gran parte della 
                  mezza giornata dedicata a Bologna in questa vera e propria cittadella 
                  dei morti affollata di turisti, in cui si aggirano anche vividi, 
                  bizzarri abitatori che monopolizzano il suo interesse. Fra chiostri 
                  e tombe, questi si esprimono con curiose e a tratti inquietanti 
                  modalità: come contagiato dai suoi vicini sottoterra, 
                  appare il piccolo cicerone, che ha piuttosto lapparenza 
                  e il linguaggio di un becchino: «era 
                  un omino di carattere allegro, che sembrava non avesse in faccia 
                  altro che occhi e denti scintillanti». Egli 
                  intrattiene Dickens con disinvolte allusioni ai suoi lutti, 
                  che presentano tuttavia risvolti assai macabri: 
                  «ci sono cinque dei miei bambini 
                  seppelliti laggiù, Signore; proprio là; un po 
                  sulla destra. Bene! Sia lodato il signore! Quantè 
                  ridente! Quantè verde! Quantè fresco! 
                  E proprio un prato!». E 
                  lo spietato rigoglio della natura ci appare ancor più 
                  mortifero delle lastre tombali. Del resto questo padre sui 
                  generis a buon diritto si rallegrava per la ridente sepoltura 
                  concessa gratuitamente ai suoi morticini al centro del Chiostro 
                  III o della Cappella: il Comune bolognese provvedeva così 
                  ai defunti poveri, a differenza di quanto avveniva altrove (a 
                  Londra, ad esempio) per i cadaveri dei diseredati gettati senza 
                  decoro alcuno nelle fosse comuni.
 
 
  Guardiani del Cimitero di Bologna davanti allingresso 
                  del Cimitero, fine sec. XIXAl piccolo cicerone delle Impressioni italiane 
                  si contrappone, con funzione di presenza rassicurante, il funzionario 
                  comunale in divisa, nel quale è stato di recente identificato 
                  il Custode dimostratore Marcellino Simbaud, realmente 
                  esistito. Una fotografia della fine del secolo XIX ritrae i 
                  custodi del cimitero vestiti ancora alla foggia antica.
 «Cera un ufficiale così 
                  elegante in servizio al Cimitero di Bologna dove il piccolo 
                  cicerone aveva seppellito i suoi bambini 
 io guardai incredulo 
                  il suo cappello a lucerna, i guanti di pelle di camoscio, luniforme 
                  ben tagliata e i bottoni ben lucidati 
 Sembra che il suo 
                  compito fosse indicare i monumenti funebri alla gente 
 
                  non aveva alcuna andatura 
 non più di una tartaruga. 
                  Sostava quando la gente sostava 
 ed esplicitamente permetteva, 
                  di tanto in tanto, di leggere le iscrizioni delle tombe».
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                |  Emilio Anriot, Bologna. Veduta esterna 
                  di porta Saragozza
 |  | Da Porta Saragozza parte il percorso che già dallepoca 
                    in cui Dickens fu a Bologna conduce alla Certosa: giunti allArco 
                    del Meloncello, ai piedi della salita di San Luca si imbocca 
                    a destra il porticato lungo più di 700 metri ideato 
                    da Ercole Gasparini e realizzato tra il 1811 e il 1834 per 
                    congiungere agevolmente la città al suo Cimitero monumentale, 
                    saldandosi a quello diretto alla Basilica di San Luca. Impossibile 
                    però sapere se nella mezza giornata che lo scrittore 
                    dedicò alla visita della città si fosse servito 
                    di quella strada, come fece nel 1838 il giornalista e romanziere 
                    francese Jules Janin; o se avesse raggiunto il Cimitero monumentale 
                    lungo la via SantIsaia, percorsa a cavallo nel 1819 
                    da George Byron, lunica praticabile a quel tempo. Essa 
                    conduceva allimponente cancello dingresso del 
                    Chiostro Quinto sormontato dalle statue dei due Piangoloni 
                    realizzati dallo scultore Giovanni Putti nel 1809.  |   
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                |  Emilio Anriot, Bologna. Arco del Meloncello
 |  | Jules Janin (Voyage en Italie, Parigi, Bourdin, 
                    1839) descrive dettagliatamente la passeggiata da Porta Saragozza 
                    al cimitero monumentale lungo il portico di San Luca, fino 
                    allArco del Meloncello, e poi ancora lungo il braccio 
                    di portico completato nel 1834, soltanto quattro anni prima 
                    del suo passaggio a Bologna. Il cantiere del portico, aperto 
                    sotto la direzione di Ercole Gasparini nel 1811, subì 
                    in corso dopera alcune modifiche ad opera di Luigi Marchesini 
                    e Giuseppe Tubertini.Racconta Janin: «Sotto 
                    questi portici senza fine guizzano come ombre, anziché 
                    camminare, coloro che ne sono gli abitanti. Il vostro occhio 
                    spaventato si sofferma brevemente sugli ammassi di mura, ove 
                    si scorgono tracce di colori sbiaditi dal turbine, vi voltate 
                    indietro di tratto in tratto e poco a poco non so quale istinto 
                    funebre vi spinge a sapere dove mai si fermeranno quegli archi, 
                    ed a quale rovina, quale abisso, a quale nulla essi possano 
                    far capo. Andate sempre così, diritto diritto, al riparo 
                    del sole, e quando avete fatto tre miglia e percorso settecento 
                    archi, siete giunto».
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                |  |  | Anriot coglie una veduta della Certosa dallingresso 
                    del Chiostro Quinto o Maggiore: riproduce quindi (ma più 
                    da vicino) la stessa prospettiva proposta dieci anni prima 
                    da Giuseppe Ravegnani nella litografia che fu pubblicata nellAlbo 
                    a memoria dell'augusta presenza di Nostro Signore Pio IX in 
                    Bologna (1858). |   
                | Emilio Anriot, Bologna. Cimitero Comunale 
                  già Convento dei Certosini |  |   
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                | Giuseppe Ravegnani, Veduta della Certosa 
                    di Bologna dallinterno La veduta della Certosa dal Chiostro Quinto 
                    o Maggiore fu ripresa dieci anni dopo in una fotografia scattata 
                    da Anriot, con uninquadratura più ravvicinata 
                    rispetto alla Cappella Maggiore visibile sullo sfondo.  |  | Gaetano Ferri dis., Giuseppe Rosaspina inc., 
                    Campo colla grande Cappella nel Cimitero comunale di Bologna Al centro di questo Chiostro, detto della Cappella 
                    (ora Chiostro Terzo) venivano sepolti i bambini poveri sotto 
                    i sette anni di età, divisi tra maschi e femmine, senza 
                    pietre tombali, ma ricoperti da un prato. Gli adulti poveri 
                    erano invece sepolti al centro del Chiostro Quinto o Maggiore. |  | Luigi Basoli e Francesco Basoli inc., Antonio 
                    Basoli dip., Cappella del Cimitero Comunale di Bologna, 
                    1831 La Cappella dei Suffragi, che si apriva 
                    nel Chiostro Terzo del Cimitero, fu parzialmente demolita 
                    negli anni Sessanta dellOttocento; il rimaneggiamento, 
                    ad opera di Antonio Zannoni, la ridusse a semplice atrio della 
                    Galleria degli Angeli. |   
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                | Petronio Rizzi, Monumenta inlustriora 
                  Coemeterii bononiensis |  | Petronio Rizzi, Monumento funebre di 
                  Luigi Sampieri e Maria Vincenza De Gregori |  | Giovanni Magazzari dis., Antonio Verico 
                  inc., Portico che mostra il campo comune mortuario, 1828 |   
                | Nei vividi acquerelli del pittore ornatista 
                    Petronio Ricci (o Rizzi), anchegli attivo nelle tombe 
                    affrescate del cimitero, si trovano i disegni dei monumenti 
                    realizzati, in via di realizzazione o anche solo ideati tra 
                    il 1801 e il 1813. I monumenti dipinti sono ora molto deperiti, 
                    ma risultano comunque in gran parte ancora leggibili e attendono 
                    un restauro che si fa sempre più urgente. I disegni 
                    del Rizzi ne mostrano lantico splendore. |  | Si tratta di uno dei monumenti funebri affrescati 
                    allinizio del secolo XIX lungo il porticato del Chiostro 
                    Terzo. Lideazione e lesecuzione si devono a Pelagio 
                    Palagi (1775-1860).  |  | In questo campo venivano sepolti gli adulti 
                    di umile condizione che non potevano permettersi una sepoltura 
                    a pagamento. |   
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                |  Gaetano Francesco Pizzoli dis., Giuseppe Rosaspina inc., Piccolo 
                    Chiostro dingresso Partic. e : al Cimitero, 1828
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