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          |  Il centro della città |  |   
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          | «C'è 
            un che di serio e di dotto in città, ed una piacevole penombra 
            su tutto ciò, che lascerebbe un ricordo distinto e separato, 
            tra la folla di altre città». |   
          | Dickens coglie un'atmosfera 
            «seria e dotta» in omaggio alla tradizione di Bologna 
            come antica sede degli studi, ma la città durante la Restaurazione 
            pontificia attraversa un periodo di crisi economica e anche la fama 
            della sua Università è in declino. Lo scrittore inglese come altri viaggiatori dellepoca percepiscono 
            limmagine di una città medievale «fosca e turrita», 
            pittoresca perché, anche senza possedere vere e proprie rovine, 
            è al tempo stesso antica e decadente, priva di rinnovamenti 
            urbanistici o architettonici di rilievo, e con la maggior parte dei 
            palazzi degradati da trasformazioni operate nel corso dei secoli. 
            Bisognerà aspettare l'unità d'Italia per vedere l'avvio 
            dei restauri che daranno maggior decoro alla piazza e al centro cittadino.
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 Nicolas Chapuy dis., Auguste Mathieu lit., [1846-1851]Bologne Place du Géant - Bologna Piazza del Gigante
 
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 Veduta della Piazza del NettunoFotografia, circa 1857
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                | Tutti gli edifici della piazza apparivano trasformati per 
                    le sedimentazioni che si erano susseguite nel corso dei secoli 
                    e ne avevano alterato le caratteristiche originarie, dando 
                    luogo a unidea di disordine e di incompletezza.   |  |   
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          | «Non cè, 
              probabilmente, un quadro famoso o una statua in tutta Italia, che 
              non potrebbe tranquillamente essere sepolta sotto una montagna di 
              carta stampata dedicata a dissertazioni su di essa. Io per ciò, 
              sebbene ardente ammiratore della scultura e della pittura, non mi 
              diffonderò a scrivere di quadri e di statue celebri».Le pagine con le descrizioni 
              di Bologna scorrono veloci senza particolari approfondimenti perché, 
              come Dickens ci spiega, il suo racconto dellItalia non è 
              quello di un turista alla ricerca di particolarità artistiche, 
              già ampiamente trattate nella tradizionale letteratura di 
              viaggio: la sua penna immortala, da vero romantico, le sensazioni 
              suscitate da luoghi e persone incontrate: le sue impressioni sono 
              solo «vaghe immagini», «mere ombre sull'acqua».
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               Tito Azzolini dis., Gaspari lit.Veduta della Piazza Maggiore con Palazzo dAccursio
 
 |  | «Questo 
            libro è reso quanto più accessibile ho potuto, perché 
            sarebbe per me un gran piacere se io potessi sperare, per mezzo suo, 
            di comparare le impressioni con quelle di alcuni della moltitudine 
            che visiterà in avvenire i luoghi descritti con interesse e 
            diletto». Le vivaci pagine dickensiane raccolgono le emozioni 
              dello scrittore-viaggiatore, espresse dapprima in lettere inviate 
              agli amici e poi raccolte nelle Pictures from Italy (1846). 
              Lo stile ha un taglio giornalistico e ci dipinge un quadro della 
              città vista cogli occhi curiosi, e talvolta critici, del 
              viaggiatore doltralpe. Lo scrittore in conformità con 
              il gusto artistico del suo tempo, ammira larte neoclassica 
              e ha in odio il barocco. Nel 1844, quando Dickens visita Bologna, la città attraversa 
              un periodo di stagnazione. Non ci sono rinnovamenti architettonici 
              o urbanistici di rilievo rispetto a quelli operati durante la Repubblica 
              Cisalpina, che avevano riguardato listituzione del Cimitero 
              (1801) presso il convento della Certosa e dal 1803 laccentramento 
              attorno allattuale via Zamboni dei principali istituti culturali: 
              lo Studio prese sede a Palazzo Poggi; l'Accademia di Belle Arti 
              fu ospitata nell'ex convento di Sant'Ignazio insieme con la Pinacoteca 
              Nazionale, e il Conservatorio occupò l'ex convento di San 
              Giacomo.
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