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Antonio Zannoni
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Antonio Zannoni (1833-1910) nella sua veste di Ingegnere
Capo del Comune di Bologna si occupò di molti
scavi archeologici, dall'abitato di capanne rilevato
nell'attuale centro storico, dove portò in luce
anche il ripostiglio della fonderia di Piazza San Francesco,
ai sepolcreti Benacci, Arnoaldi, Tagliavini, Stadello
della Certosa, De Lucca. Durante i lavori nel Cimitero
comunale della Certosa, il 23 agosto 1869 venne scoperta
casualmente nel Chiostro delle Madonne una tomba etrusca.
Zannoni pubblicò i risultati di questi ritrovamenti
nell'opera Gli scavi della Certosa di Bologna,
tuttora uno strumento valido e completo per accuratezza
descrittiva e apparato illustrativo.
BIOGRAFIA >
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ANTONIO ZANNONI, Gli scavi della
Certosa di Bologna
Bologna, Regia Tipografia, 1876
Nel 1876 uscirono le prime due dispense
dell'opera che fu terminata nel 1884. L'accurata parte
descrittiva e l'eccezionale apparato illustrativo di
150 tavole in "foglio imperiale" ne fanno
una pubblicazione ancor oggi considerata esemplare,
nella quale Zannoni illustrò la più nota
delle sue imprese archeologiche: il sepolcreto etrusco
della Certosa. L'importantissima scoperta, che iniziò
con il rinvenimento casuale di una tomba "a cista"
durante i lavori di sistemazione del Chiostro delle
Madonne nel cimitero della Certosa, in tre anni riportò
alla luce ben 421 tombe e diede l'avvio dell'interesse
per la storia più antica della città e
incentivo per la realizzazione del Museo Civico, inaugurato
nel 1871.
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Tav. L: Litografia a colori di
Guglielmo Thumb: rappresenta la tomba 108 della Certosa
che, per l'abbondanza di ceramica attica, la varietà
del vasellame bronzeo e la presenza di oggetti di rara
preziosità, si segnala come uno dei corredi funerari
più sontuosi tra quelli dei sepolcreti felsinei. |
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Colino in bronzo
Bologna, Museo Civico Archeologico, inv. 17114
Il manufatto, databile al 460 a.C. circa, proviene
dalla tomba 108 della necropoli della Certosa. Il colino
faceva parte del corredo di una ricca tomba ad inumazione.
Componente quasi imprescindibile del corredo funerario
nella Felsina del V sec. a. C. è infatti il servizio
per il simposio, celebrato alla maniera ateniese: si
tratta di un momento successivo al pasto, dedicato al
consumo collettivo del vino, regolato da norme rituali
e accompagnato da danze, giochi, conversazioni filosofiche
e poetiche. Il colino, assieme ad altro strumentario
bronzeo di produzione etrusca e a una grande anfora
di produzione attica, era proprio utilizzato nella preparazione
del vino.
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ANTONIO ZANNONI, La situla di Bologna
estratto dall'opera Gli scavi della Certosa di Bologna
Bologna, Regia Tipografia, 1879
Tav. XXXV: litografia a colori di Guglielmo Thumb
È la situla della Certosa usata come urna funeraria
nella tomba a cremazione n. 68. Conteneva, oltre alle
ceneri del defunto, un corredo povero rispetto alla
preziosità del vaso di bronzo interamente ricoperto
da una decorazione a sbalzo su quattro fasce con ritocchi
incisi. I temi decorativi del banchetto, della caccia
e del lavoro dei campi, tipici delle situle, qui si
arricchiscono con il tema militare e la sfilata di cavalieri,
fanti e opliti, che ci confermano che il destinatario
fosse un personaggio di rango della città di
Felsina.
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ANTONIO ZANNONI, Lettera a Edoardo Brizio, Bologna
1 gennaio 1873
Zannoni, in questa lettera inviata ad Edoardo Brizio
nel 1873, parla della prossima pubblicazione dell'opera
sugli scavi della Certosa e del criterio d'impostazione
del suo lavoro:
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"... della pubblicazione degli Scavi della
Certosa, e dico, che dopo moltissime considerazioni
ho prescelto la forma descrittiva completa, cioè
ho fatto la descrizione del processo, e del dettaglio
di tutto lo scavo ripartito anno per anno: in una parola
ho descritto ogni tomba sia nella sua disposizione,
che ne' suoi dettagli con quella minore, o maggiore
estensione, che l'importanza d'ogni tomba richiede.
Con ciò, a mio avviso, ognuno ora e per l'avvenire
ha sott'occhio il risultato di quanto si è scoperto:
ognuno per ogni tomba ha una singola descrizione. ...
L'opera ripeto è lunga, ma almeno sarà
uno specchio di tutto lo scavo. Amerei su di ciò
il suo giudizio...".
È una lettera che attesta buoni rapporti tra
Zannoni e Brizio, rapporti che con il tempo e soprattutto
con la venuta a Bologna di Brizio, si deterioreranno
irrimediabilmente.
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