A Bologna, il passaggio dall'antiquaria di
tradizione settecentesca all'archeologia moderna vede una
data fondamentale nel 18 maggio 1853, quando Giovanni
Gozzadini, nella sua tenuta di Villanova di Castenaso,
scoprì alcune tombe a cremazione.
Anche se i reperti furono indagati da Gozzadini con metodi
tipici dell'antiquaria, il riferimento del sepolcreto di Villanova
agli Etruschi costituì un'interpretazione storica fondamentale.
A Marzabotto l'orizzonte di questa nuova etruscologia
si ampliò con la conoscenza di un impianto urbano perfettamente
documentato.
Qui Gozzadini, che avviò alcune campagne di scavo nel
1862, incorse nell'errore di interpretare i resti di un vasto
complesso urbano come un enorme sepolcreto, continuando a
sostenere questa tesi in sede scientifica, almeno fino al
1881, in coincidenza con il suo ritiro pressoché definitivo
dalla scena archeologica bolognese.
Gli scavi di Villanova, Marzabotto e della
Certosa di Bologna diedero concretezza archeologica alla "Felsina
princeps Etruriae" ricordata da Plinio. E quindi,
non a caso la città fu scelta nel 1871 come sede del
V Congresso di Antropologia e Archeologia
Preistoriche.
Lo stesso Comune, attraverso l'Ufficio tecnico e in particolare
l'opera dell'ingenere architetto capo Antonio
Zannoni, entrerà nella gestione degli scavi
e negli sviluppi dell'archeologia bolognese a partire dalla
scoperta nel 1869 delle prime tombe etrusche della Certosa,
ponendo le basi per la costituzione del Museo Civico.
L'atto di fondazione del museo della città
è da identificarsi comunque nell'eredità con
cui Pelagio Palagi, artista
bolognese, nel 1860 destinò alla "diletta patria"
la sua ricchissima collezione di oggetti d'arte, antichità,
medaglie, disegni, libri.
Sul piano scientifico la situazione mutò
radicalmente nel 1876 quando alla cattedra di Archeologia
dell'Università fu chiamato Edoardo
Brizio. Con il Brizio si chiuse definitivamente il
ciclo dell'archeologia intesa come antiquaria o scienza delle
istituzioni e se ne aprì uno nuovo, quello dell'archeologia
intesa come storia dell'arte classica e allo stesso tempo
"scienza dei documenti talora umili, ma non per questo
meno preziosi".
In questi anni, quindi, sia l'opera e l'attività
scientifica di personalità come Zannoni, Gozzadini,
Brizio, che il fervore di scavi e scoperte in area urbana
che si susseguivano a ritmo incalzante, permisero di raccogliere
una ricchissima documentazione archeologica che fece di Bologna
un punto di riferimento a livello europeo per i ritrovamenti
e gli studi di archeologia protostorica.
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