Carlo Cesare Malvasia nacque a Bologna
nel 1616, dal conte Anton Galeazzo e dalla moglie Caterina
Lucchini, di famiglia modesta. A causa della disparità
sociale, il padre dovette annullare il matrimonio; in
seconde nozze sposò la nobile Cristiana, sorella
di Ferdinando Cospi, dalla quale ebbe figli che privarono
Carlo Cesare della primogenitura e della legittimità
di nascita; mantenne però, insieme con il titolo
nobiliare e con la dimora presso la casa paterna, l'opportunità
di un'educazione nobile.
Ebbe una prima formazione umanistica,
poetica e letteraria, che completò sotto l'insegnamento
del poeta e giurista Claudio Achillini. Rivelando anche
interessi artistici, frequentò botteghe di diversi
artisti e strinse rapporti d'amicizia, fra gli altri,
con Angelo Michele Colonna, Agostino Mitelli e Alessandro
Tiarini.
Il 29 dicembre 1638 si addottorò
in utroque iure; all'inizio del 1639 si trasferì
a Roma, dove rimase fino al 1646: qui ebbe modo di sviluppare
e consolidare la passione per l'antiquaria che lo accompagnò
tutta la vita. Dal 1647 al 1687 insegnò Diritto
civile e Diritto canonico nello Studio bolognese; nel
1653 conseguì anche il dottorato in Teologia
e nel novembre del 1662 ottenne un canonicato in San
Pietro, a cui dovette rinunciare nel 1681 per motivi
di salute, mentre mantenne l'incarico universitario,
cui affiancò una vivace produzione letteraria.
Al suo interesse per l'arte si
lega anche una notevole passione collezionistica: la
raccolta antiquaria, consistente in ventitré
lapidi, frammenti scultorei e reperti medievali, decorava
la sua palazzina di campagna chiamata La Torre, fuori
porta San Donato; nel 1716 la collezione fu donata dagli
eredi all'Istituto delle Scienze; da qui le lapidi sono
confluite nel Museo Civico Archeologico.
Dopo la pubblicazione nel 1683
della sua prima opera epigrafica, dedicata all'esame
della lapide enigmatica di Aelia Laelia Crispis, rifacimento
cinquecentesco di un monumento epigrafico, nel 1686
pubblicò Le pitture di Bologna,
una guida aggiornata al patrimonio artistico cittadino.
Nel 1690 diede alle stampe lo studio Marmora Felsinea,
in cui esaminava epigrafi di provenienza bolognese,
perlopiù esemplari della sua collezione.
Morì a Bologna il 10 marzo
1693 e fu sepolto nell'arca di famiglia della chiesa
agostiniana di San Giacomo Maggiore.
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