1855 Cholera morbus

Medici in prima linea

1. La Società medica chirugica
2. I protagonisti

1. La Società Medica Chirurgica

La Società Medica Chirurgica di Bologna fu fondata nel 1802 da un gruppo di medici desideroso di riunirsi, periodicamente, per esaminare, in un costruttivo scambio di opinioni, non solo le moderne conquiste della scienza medica, ma le necessità igienico-sanitarie della città.
Riconosciuta dal Governo Napoleonico nel 1805, sospese la propria attività nel 1811, quando un decreto legislativo del Regno d'Italia riorganizzò l'Istituto Nazionale di Lettere, Scienze ed Arti di Milano, creando sezioni dello stesso in ogni città del Regno, alle quali le Società scientifiche presenti nelle varie città dovevano confluire.
Nel 1823, con la Restaurazione, alcuni dei vecchi soci fondatori decisero di riprendere l'attività, anche, in considerazione delle sempre più precarie condizioni igieniche della città e dalla comparsa di nuove entità morbose quali il tifo petecchiale, connesse ad una mancata riorganizzazione dei servizi sanitari. Infatti il Governo Pontificio aveva di fatto adottato sul piano operativo le strutture esistenti, togliendo, però alla Commissione Dipartimentale di Sanità, denominata Commissione Provinciale di Sanità, quella autonomia giurisdizionale, che in qualche maniera le era stata assegnata dal Governo Napoleonico. Sebbene i rapporti con l'Autorità Pontificia nei primi anni di vita della ricostituita Società non furono facili, la Società, a partire dal 1828, di fatto assunse alcune funzioni vicarianti delle Autorità Sanitarie quando una recrudescenza del vaiolo determinò che la Società assumesse l'onere di ripristinare la vaccinazione, che il Governo Pontificio aveva sospeso.
Successivamente la Società istituì la Commissione per le Consultazioni gratuite, che aprì un ambulatorio, retto a rotazione da tutti i soci della Società, per la visita gratuita ai poveri infermi della città, che non potevano pagarsi il medico. Questa attività sociale si protrasse ben oltre la Legge Sanitaria del 1888, quando si impose ai comuni l'obbligo dell'assistenza sanitaria ai poveri. La Commissione, infatti, grazie ad una convenzione con un'altra istituzione, la Poliambulanza Felsinea, continuò a svolgere, sin verso gli anni Dieci del Novecento, le proprie mansioni, curando in particolar modo la somministrazione a domicilio dei farmaci. A questa Commissione fu demandato anche il compito di "monitorare" i principali episodi epidemici che regolarmente affliggevano la città, come nel caso del colera.
Accanto a queste iniziative sociali, la Società curò l'attività scientifica, che si concretizzò, anche, nella pubblicazione, a partire dal 1829, del periodico "Bullettino delle Scienze Mediche", e che rappresenta, dopo il celebre "Lancet", la pubblicazione medica più antica del mondo tuttora edita.
Oggi il ruolo della Società è stato ripensato nella prospettiva di recuperare uno spazio comune di incontro e di approfondimento per tutti coloro, medici, farmacisti, veterinari, biologi, che a Bologna hanno interesse alla tutela della salute, non solo nella sua dimensione tecnico-applicativa, ma anche e soprattutto in quella culturale e sociale.

Pirro Aurispa Sul cholera pestilenziale. Ricerche, Macerata, Tip. di Alessandro Mancini, 1856.
Sui frontespizi degli opuscoli compaiono sia il timbro della Società Medica Chirurgica, sia quello di Camillo Versari a testimonianza dell'iter delle pubblicazioni: Versari donò la propria raccolta libraria alla Società Medica, la cui biblioteca fu interamente depositata presso l'Archiginnasio fra il 1878 il 1901. Le dediche manoscritte degli autori, presenti in molti opuscoli, testimoniano la fitta rete di scambi di idee e pubblicazioni fra gli scienziati dell'epoca.
Collocazione 10. Scienze Mediche. Na 02. 32

Lettera da Porretta di Francesco Vivarelli Vecchi scritta il 14 luglio 1855 al dottor Luigi Mezzetti, Archivio Società Medica Chirurgica.
Una grande emergenza come il colera può rappresentare per molti anche un'occasione di lavoro: c'era bisogno di portantini, necrofori, medici, fanti di sanità. Lo scrivente si offre al dottor Mezzetti come farmacista nel lazzaretto.
Essendo Ella, con merito, un componente la commissione dei Cholerosi, la prego se le abbisognasse di un farmacista nel lazzaretto: io sono sempre disposto ad ogni loro chiamata. Nella speranza di essere esaudito passo al bene di dirmi con istima suo D.mo Servo Francesco Vivarelli Vecchi
Archivio Società Medica Chirurgica, Cose relative al colera, Cart. 119

"Appendice al Bullettino delle scienze mediche della Società Medico-Chirurgica", 14 agosto 1854, n. 34, p. 140 Archivio Società Medica Chirurgica, Cose relative al colera, Cart. 120
Nel 1854 quando l'epidemia era già in atto in Europa il Bullettino della Società Medica Chirurgica stampa molti contributi che descrivono le soluzioni organizzative adottate nelle varie città europee. Nell'illustrazione si vede un dispositivo per riscaldare il letto dei malati con getti di aria calda nel cosiddetto periodo algido del colera, quando la temperatura corporea si abbassa rapidamente.

Bellissimo diploma di nomina a Socio della Società Medica Chirurgica del dott. Luigi Concato in data 8 gennaio 1861, con firma del Presidente Dott. Francesco Rizzoli e del Segretario Dott. Giovanni Brugnoli.
Collocazione: F.S. Luigi Concato. Cart. I. fasc. 5. n.2.

Luigi Concato nel 1850 scrive: Intorno alla cura del cholera coll'aiuto della corrente elettrica in cui propone come cura locale il sistema elettromagnetico che, rifacendosi alle vecchie teorie di Giacomo Tommasini dello stimolo e controstimolo, ha come scopo la costante rianimazione del circolo.
[...] Non è questa po la prima volta che io raccomando la faradizzazione del cholera. Nel 1855 mi ero proposto di esperimentarne l'efficacia. I risultati che ne ebbi in Padova, in Venezia, e che altri ottenne in Brescia, qui in Bologna furono tali da incoraggiare a ritentarne l'applicazione. [...]


Di parere contrario furono i risultati della stessa metodica applicata ai malati colerosi dell'Ospedale S. Lodovico di Bologna:
[...] L'ardente desiderio di giovare agl' infermi affidati alle nostre cure ci fece adoperare l'apparecchio di Concato speditoci con pronta e gentile compiacenza dallo stesso autore. Noi ce ne servimmo colle precise regole da esso prescritte nel suo relativo opuscolo, applicandola mediante i dischi alle regioni laterali del collo, all'epigastro, e quando non era tollerato né al collo né all'epigastro, coi cilindri alle mani.[...]
(cfr. Il Cholera morbus nella città di Bologna l'anno 1855, cit. p.319)
Questo tipo di cura ebbe effetti benefici, ma di troppo breve durata e intensità per poter essere considerata vantaggiosa.

2. I protagonisti

I protagonisti principali dell'epopea del colera furono senz'altro i medici: professori universitari, scienziati, medici degli Uffizi di Soccorso e dei lazzaretti, ma anche semplici medici condotti e privati.
Alcuni nomi spiccano particolarmente: Brugnoli, Predieri, Versari, Verardini, per citarne alcuni. Sono autori di studi scientifici e rivestono ruoli decisionali nella gestione dell'emergenza come dirigenti dei vari uffici preposti alla lotta contro l'epidemia. Molte pubblicazioni utilizzate per la mostra appartenevano a questi medici, come attestano ex libris e note di possesso.
Si occupano di scienza, indagando l'eziologia del colera e le terapie, ma anche di amministrazione, contribuendo a definire le politiche sanitarie. Sono gli esponenti di una classe dirigente emergente che di lì a pochi anni, archiviato il regime pontificio, svilupperà pienamente il suo potenziale politico sottraendo egemonia alla élite tradizionale costituita dai proprietari terrieri. Per questi professionisti l'emergenza colera sarà dunque anche un banco di prova: di fatto, almeno per alcuni mesi, sono loro a reggere il governo della città.

Lettera di Alessandro Ferranti a Ferdinando Verardini, da Bologna, il 22 luglio 1855
Il dottor Ferranti, medico assistente alle carceri della Carità, chiede al dottor Verardini, suo superiore, di visitare un detenuto coleroso e autorizzarne il trasporto al lazzaretto civile.
2 p. su 2 c. Collocazione: F.S. Ferdinando Verardini. Carteggio. cart. D-L, n. 537.

Lettera di Paolo Predieri a Ferdinando Verardini, da Bologna il 6 luglio 1855
Si avvisano tutti i medici della città di non inviare più malati al lazzaretto di San Lodovico, dove i posti sono ormai esauriti, ma di lasciarli presso le loro abitazioni. Siamo nel pieno della diffusione del morbo in città e ne è testimonianza il fatto che gli ospedali non riescono più ad accogliere né curare alcun malato.
2 p. su 2 c. Collocazione: F.S. Ferdinando Verardini. Appendice al Carteggio Verardini. Carte relative alla Deputazione d'Annona e Sanità Comunale in Bologna. n. 53.


AI POSTI DI COMANDO: I COMMISSARI

Paolo Predieri
Conservatore di Bologna dal 1854 al 1859, durante l'epidemia
di colera presiedette la Deputazione Straordinaria di Sanità.

Giovanni Brugnoli
A soli 25 anni venne nominato assistente
all'Ospedale Maggiore, che lo vedrà medico sostituto
nel 1846, primario nel 1861 e direttore nel 1889.

Camillo Versari
Fu uno dei commissari della Deputazione Straordinaria di Sanità.

Tessera Ferroviaria n. 1676 di Giovanni Brugnoli, rilasciata dal Ministero della Istruzione Pubblica il 1 gennaio 1890. Collocazione: F. S. Giovanni Brugnoli, cart. VIII, n. 1.

AI POSTI DI COMANDO: I DIRIGENTI

Ferdinando Verardini
Titolare dell'Uffizio centrale di Soccorso, istituito durante l'epidemia cholerosa del 1855.

Gaetano Sgarzi
Membro della Commissione Provinciale di Sanità.

Lettera di Paolo Predieri a Ferdinando Verardini, da Bologna il 14 luglio 1855
Disposizione da parte della Deputazione Comunale di Sanità di fornire ai medici impegnati e sfiancati nella lotta quotidiana contro il terribile morbo, una carrozza con fiacre per agevolarli e alleviarli nei loro spostamenti.
3 p. su 2 c.
Collocazione: F.S. Ferdinando Verardini. Appendice al Carteggio Verardini. Carte relative alla Deputazione d'Annona e Sanità Comunale in Bologna. n. 55.

Pompeo Mattioli, Tributo di riconoscente ammirazione offerto da Vittoria Baleotti Mattioli ai cultori dell'arte salutare i quali mostrarono nel disastro choleroso affligente Bologna l'estate 1855 quanto possano religione, sapienza, amore nell'animo del vero cittadino.Ode.
Bologna, Tip. all'ancora, 1855
Collocazione: 17. Scrittori bolognesi. Poesia italiana. 8. 90.

Commissione Provinciale di Sanità, Circolare n. 947, 10 luglio 1855
Qualche problema con la categoria doveva esserci stato se la Commissione Provinciale di Sanità il 10 luglio ritenne necessario intervenire con un deciso richiamo ai medici della città per ricordare che fronteggiare l'epidemia era un compito di tutti e non solo di quelli stipendiati dalla Amministrazione pubblica e direttamente impegnati negli Uffizi di Soccorso o nei lazzaretti.
Collocazione: Bandi Merlani. 1855. n. 57

Anche i medici pagarono un pesante tributo di vittime, e non poteva essere altrimenti, dato il contatto diretto con i malati e la totale assenza di rimedi efficaci.
Dalla dettagliatissima tabella statistica della Relazione (p.397-400), dove sono elencate ben 138 professioni di persone colpite dal colera, risulta che 11 medici si ammalarono e 9 morirono.
Fra questi risulta deceduto il 17 luglio al lazzaretto del Ricovero, dopo un'agonia di poche ore, il giovane assistente Pietro Golfieri. Da un rendiconto del 22 ottobre 1855 di compensi pagati ai medici in servizio al Ricovero, risulta la sua paga per appena sei giornate di lavoro.
ASCBo. Segreteria generale. Carteggio amministrativo. a. 1855. tit. XV. Prot. 2652.


Nella polvere e sugli altari
Di fronte all'imperversare del colera che mieteva vittime soprattutto nei quartieri più poveri e malsani, la diffidenza del popolo nei confronti dei ceti dirigenti, non risparmiò i medici. Gli echi di questa ostilità si colgono in molte fonti e le stesse Istruzioni popolari si propongono anche di combattere i pregiudizi nei confronti della classe medica. Brugnoli nella Relazione elogia la categoria, sostenendo che fu proprio l'abnegazione dei medici a cambiare l'atteggiamento del popolo, che alla fine dell'epidemia tributerà ad alcuni di loro pubblici onori:
[...] i medici, i chirurghi , i farmacisti furono pronti a fare il proprio dovere, porgendo soccorso per quanto era in loro potere, ai miseri colpiti, pronti ad affrontare qualunque pericolo. [...] Quindi sul finire dell'epidemia si videro i popolani, dimoranti nelle vie più abitate dai poveri, ai giovani medici Pietro Belletti, Francesco Fantini, Gerardo Vallaperta, come pure ai dottori Vincenzo Visconti, Pietro Bernaroli, per dire d'alcuni soltanto, segnare a caratteri d'oro nei luoghi più frequentati della città, dedicare epigrafi e poesie, ornandole di corone d'alloro e di fiori, a sfogo di loro eterna riconoscenza
(Relazione, p. 233).