Il colera arriva in città
Era il 29 maggio
del 1855, allorché i due medici Biagi e Salvanini
notificarono alla Commissione Medica il primo caso
di colèra in Bologna.
Non tardarono a tale annunzio le autorità governative
e comunali di prendere i provvedimenti più
solleciti. Difatti, la casa ove era avvenuta quella
morte funesta, fu affatto isolata, impedendo a chicchessia
per molti giorni di comunicare cogli abitanti di quel
luogo.
- Enrico Farnè, Teresina Rodi
e un medico omeopatico, Firenze, a spese dell'editore,
1856, p. 189-190.
Quella dell'estate del 1855 non fu la prima né l'ultima epidemia di colera
che colpì Bologna nel corso del XIX secolo. La prima grande ondata
di colera che aveva imperversato in Italia nel periodo
1835-1837
aveva risparmiato la città, anche perché in quell'occasione
era stata messa in opera una perfetta rete di cordoni sanitari e di controlli
alle frontiere sulle merci, sulle persone e sulla corrispondenza in entrata
e in uscita - misura, tra l'altro, del tutto inutile -. Nel corso dell'epidemia
successiva, quella del
1849, il centinaio di morti che si contarono
furono quasi del tutto localizzati tra gli ospiti dell'Ospedale del Ricovero,
dove la malattia passò velocemente da una persona all'altra: la responsabilità
del contagio in quell'occasione fu data a un contingente di soldati austriaci
da poco rientrati dall'assedio di Venezia, città dove la malattia
imperversava da tempo, cosa che fece aumentare l'odio nei confronti degli
occupanti stranieri.
Ben diverso il caso dell'epidemia del
1855 che andò a colpire
pesantemente Bologna e questo perché, sebbene fosse ancora in vigore
il regolamento sanitario che aveva così ben funzionato per la salvaguardia
della popolazione negli anni Trenta e Quaranta, molte delle sue indicazioni
non vennero poste in essere, in particolare i controlli alla frontiera furono
quasi del tutto assenti. Quando poi la malattia fece le sue prime comparse
in città, le autorità e i medici tardarono a riconoscerla,
cominciando ad intervenire solo quando ormai il contagio si era ampiamente
diffuso.
Una terza epidemia avrebbe poi colpito la città nel periodo
1865-1867,
ma non causò neanche 200 morti, e un'ultima ancora, nel
1886,
che provocò 400 vittime.
Gazzetta di Bologna, n. 147, sabato 30
giugno 1855, p. 1.
Giornale ufficiale del governo, sul quale venivano pubblicati gli
avvisi e le notificazioni emanate dal Papa e dal Legato.
Il Vero amico. foglio settimanale, 28
giugno 1855, p. 103.
Pubblicazione di ispirazione cattolica e filo conservatrice. Alla
metà dell'Ottocento a Bologna l'attenta censura pontificia
proibiva la pubblicazione di qualsiasi foglio che tentasse anche
la più timida opposizione all'operato delle autorità.
Gazzetta di Bologna
13 agosto 1855, n° 183
Aprile Altrove in queste pagine, abbiamo
avuto occasione di parlare con verità del defunto Arcivescovo;
quindi ce ne dispensiamo al presente per rispetto della tomba! [...]
Oggi [18 aprile n.d.r.] hanno luogo nella Metropolitana le solenni
esequie per l'Arcivescovo Oppizzoni. [...] Grande è la folla
de' curiosi che si accalcano in S. Pietro. I funerali non sono fatti
con grande pompa, non vi è musica, e pochi gli apparati.
[...] Sopra altissimo feretro scorgevasi la salma dell'Oppizzoni
colle vesti arcivescovili. Fin dal giorno avanti il cadavere era
in putrefazione, e nella chiesa, quantunque vasta, sentivasene la
conseguenza.
Luglio Il Comune provvede alle necessità molte derivanti
dall'invasione del flagello cholerico, e provvede da solo, poiché
il Governo non se ne dà pensiero alcuno. È questa
la Carità Evangelica con la quale s'adopera il Sacerdozio
a sollevare le angustie e le sofferenze del popolo. [...]
Agosto: Intanto Monsignor Commissario e Pro-legato
nostro, persevera nella paura che l'invade, e se ne sta
spettatore impassibile delle disgrazie che affliggono la
povera Città. Quindi niuna iniziativa per parte del
Governo per migliorare la condizione infelicissima in cui
ci troviamo; nessuna misura che valga alla salute pubblica,
nessuna che rincuori l'animo de' Cittadini! [...] Ad ogni
cosa provvede il Comune che trovasi sempre più aggravato
per le ingenti spese che gli addossa il Governo.
- Enrico Bottrigari, Cronaca di Bologna,
Bologna, Zanichelli, 1960-1962, v. II, p. 327-328 e p. 334 e 336.
ASCBo, Registro degli individui colpiti dal
Cholera Morbus in Bologna entrati e sortiti dal Lazzaretto
nell'ex convento di San Lodovico dal giorno 29 maggio 1855 a tutto
il 19 luglio 1855.
Nel registro del Lazzaretto compare il primo caso di colera a Bologna nel
1855: Francesco Mariotti, di anni 48, ortolano di Massa Lombarda (RA) viene
ricoverato il 29 maggio e muore il giorno dopo. Era ospite di un'altra ortolana,
abitante in via Caprarie 1257 (sul registro è via Zibonerie 1257,
una laterale di via Caprarie ora scomparsa, corrispondente all'area dell'attuale
Galleria del Leone). Il registro fornisce informazioni di importanza fondamentale
per conoscere ad esempio le zone di maggior diffusione dell'epidemia, le
classi sociali più colpite, e i tassi di mortalità in base
al sesso e all'età.
La mappa del contagio
Nell'estate del 1855 all'interno della cerchia muraria
il "morbo asiatico" si diffuse con grande
facilità soprattutto in quelle aree che erano
caratterizzate da una più alta densità
abitativa e da precarie condizioni igienico-sanitarie.
Queste zone, che si trovavano spesso in prossimità
o sulle rive dei corsi ancora scoperti dei canali, erano
quelle abitate soprattutto dai ceti popolari, in particolare
dalle famiglie degli artigiani e degli operai.
Anche se la malattia raggiunse tutta la città,
vi furono delle zone nettamente più colpite di
altre: via del Pratello con via San Felice e tutte le
strade comprese; via delle Lame; via del Porto e tutta
la zona del Naviglio; via Mascarella e via del Borgo
di San Pietro; tutta la zona alle spalle dell'Università
compresa tra via San Vitale e l'attuale via Zamboni;
più a sud, via Santa Caterina con parte di via
Saragozza, ma soprattutto l'area alle spalle dell'odierno
Palazzo di Giustizia, compresa tra Miramonte e Solferino
e via d'Azeglio, allora particolarmente depressa.
Enrico Corty, Pianta della città
di Bologna dietro i più recenti cambiamenti, 1850