1855 Cholera morbus

Le conoscenze scientifiche

Le conoscenze mediche che si avevano sul colera nella prima metà dell'Ottocento non erano molto diverse da quelle presenti nei testi classici di Ippocrate e di Galeno.
I due grandi medici dell'antichità avevano descritto due specie di colera, uno umido, accompagnato da abbondanti scariche alvine, l'altro secco con sola formazione di abbondante gas intestinale. Galeno, in particolare, attribuiva il "colera umido" all'esistenza di umori acri generati dalla corruzione degli alimenti. Si riteneva che il calore atmosferico esaltasse la sensibilità della mucosa dello stomaco e aumentasse il desiderio delle bevande fredde, acquose, acide e degli alimenti vegetali, che, a loro volta, determinavano l'aumento dell'irritabilità gastrica.

Preparato per microscopio contenente il vibrio cholerae di Filippo Pacini, 1854.

Intorno alcune forme di organici vedute in una membrana indocolerica qui in Roma nell'anno 1854: comunicazione del prof. Socrate Cadet - [S.l. : s.n., 1868] Collocazione 10. Scienze Mediche. Na. 3. 13

Intorno alcune forme di organici vedute in una membrana indocolerica qui in Roma nell'anno 1854: comunicazione del prof. Socrate Cadet

In Europa la maggior parte dei medici concordava sul fatto che la malattia si presentava frequentemente in chi faceva uso di pesci salati o affumicati, di ostriche e, in generale, di crostacei, di carne di maiale, di alcuni vegetali come cipolle crude, funghi, pesche e prugne immature, meloni e cocomeri.
La sintomatologia, abbastanza caratteristica, era facilmente riconosciuta dai medici, dopo la prima epidemia degli anni Trenta dell'Ottocento.

Filippo Pacini, Osservazioni microscopiche e deduzioni patologiche sul cholera asiatico.
Memoria del dott. Filippo Pacini...: letta alla Societa medico-fisica di Firenze nella seduta del 10 Dicembre 1854
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Filippo Pacini, Della natura del colera asiatico: sua teoria matematica e sua comparazione col colera europeo e con altri profluvj intestinali.
Memoria del dott. Filippo Pacini, Firenze, tipografia Uccelli e Zolfanelli, 1866.
Estratto dalla "Cronaca Medica di Firenze", 10 Agosto a 10 Novembre 1866.

L'esordio della malattia si presentava sempre con abbondantissime scariche alvine simili all'acqua di riso, accompagnate da vomiti, detti allora biliosi. Il loro colore veniva descritto con tonalità, che andavano dal porpora al nero con odore fetido. Nella descrizione del paziente, tormentato da una grandissima sete, i medici sottolineavano le irregolarità del polso e del respiro. All'esame obiettivo si rilevava, poi, la presenza di una faccia pallida ricoperta da sudore freddo; gli arti con contrazioni convulsive o rigidità simil tetanica. Il singhiozzo e i conati di vomito, così violenti, che a volte portavano alla lacerazione dei legamenti del diaframma, impedivano l'assunzione di qualsiasi medicina. Non era, poi, possibile praticare clisteri per l'enorme quantità di gas intestinali che si formavano.
La diagnosi differenziale con le altre patologie gastrointestinali si basava essenzialmente sulla mancanza nelle enteriti (termine sotto il quale si raggruppavano diverse patologie) della secchezza estrema della pelle e nella presenza di movimento febbrile, che nel colera mancava. Mentre la "colica" causata dall'avvelenamento da piombo sebbene presentasse un vomito incoercibile, si distingueva dal colera per la comparsa di una grave stitichezza. Gli altri avvelenamenti (antimonio, arsenico) a sintomatologia gastroenterica non presentavano la sequenza vomito/diarrea caratteristica, invece, del colera.
L'esame autoptico dei deceduti non rilevava particolari caratteristiche: un rossore presente in tutta la mucosa gastrointestinale; vasi sanguigni "ingorgati di sangue", fegato, in alcuni casi, più voluminoso del normale, indurito e di color nero. La vescichetta biliare era alcune volte dilatata, altre contratta.

Nella Relazione ufficiale vengono menzionati gli studi di Piana e di Pedrelli, viene inoltre pubblicata la relazione sui metodi di cura adottati al lazzaretto di San Lodovico.

Lettera di Gaetano Piana a Paolo Predieri, da Bologna il 17 dicembre 1855
16 p. su 8 c.
Collocazione: F.S. Giovanni Brugnoli. cart. V. n. 43.
Lettera accompagnatoria che il dottor Piana invia al Presidente Paolo Predieri, ad accompagnamento della Tabella statistica dei cholerosi curati da lui nella parrocchia di S. Antonio di Savena.
Il Piana descrive dettagliatamente alcuni casi di cholera da lui trattati, specificandone i metodi di cura, le sue riflessioni sulla eziologia della malattia e sulla analogia della stessa con altre malattie più conosciute. Azzarda ipotesi curative, confermando la sua fedeltà al salasso, da sempre considerato un curativo universale.

Lettera di Marco Pedrelli a Paolo Predieri, da Bologna il 17 dicembre 1855
19 p. su 10 c.
Collocazione: F.S. Giovanni Brugnoli. cart. V. n. 42.
Relazione del dottor Marco Pedrelli sull'assistenza medica prestata ai malati di cholera presso l'Ospedale Sant'Orsola in Bologna, dove lavorava.