L'organizzazione sanitaria
Le epidemie di colera degli anni Trenta dell'Ottocento erano
state fronteggiate ricorrendo a misure come quarantene e patenti
sanitarie, una sorta di certificati che attestavano la salute delle
persone o la non pericolosità delle merci. Ma poiché
limitavano la circolazione di uomini e cose, alla metà del
XIX secolo questi provvedimenti erano considerati con sempre maggiore
insofferenza soprattutto nei paesi più liberali. Nel 1854,
alle prime avvisaglie dell'epidemia, a Bologna vennero prontamente
adottate misure
quali la disinfezione della posta e la limitazione della vendita
degli stracci. Tuttavia quando il colera cominciò a colpire
ci si concentrò su provvedimenti di altra natura poiché,
se prima del propagarsi del colera il cordone sanitario era auspicabile,
quando l'epidemia era in corso:
In allora piuttosto che profondere tesori in sequestri, in quarantene,
in vessazioni agli individui, le quali cose sempre più insospettiscono
il pubblico e portan gli animi alla costernazione; crediamo possa
tornare maggiormente utile accorrere a dissipare le disposizioni,
a contrarre la malattia, soccorrendo i miseri, migliorandone il
nutrimento, le abitazioni, la nettezza; sostenendo l'animo ed il
coraggio, e provvedendo ai bisogni delle popolazioni (Relazione,
p. 359).
Commissione Provinciale di Sanità
Regolamento sanitario per la città e provincia di Bologna
Per fronteggiare l'epidemia del 1855 si fece riferimento al Regolamento
sanitario per la città e provincia di Bologna emanato
nel 1836; il 13 giugno 1855 la Commissione Provinciale di Sanità
ne inviò copia a tutte le farmacie
bolognesi affinché venisse applicato dai medici e conosciuto
dai clienti, ed in particolare perché tutti i casi di colera
venissero denunciati all'Uffizio della Commissione.
Due anni dopo l'epidemia, la Deputazione Straordinaria pubblicò una relazione che dava conto della gestione dell'emergenza.
Deputazione Comunale di Sanità. Istruzione per i fanti
di sanità
Bologna, 1 luglio 1855
Collocazione: Bandi Merlani. 1855. n. 139
Ad ogni Uffizio di Soccorso erano assegnati due o tre
Fanti di Sanità con compiti fondamentali: erano
infatti affidate ai Fanti tutte le pratiche di disinfezione
dei locali e delle suppellettili delle case dove era stato
denunciato un caso di colera; inoltre sovrintendevano
ai trasferimenti in ospedale e al trasporto dei cadaveri.
I Fanti, che erano alle dipendenze del Capo Uffizio o
Commesso dei Registri, erano quindi figure di grande importanza
e dovevano avere particolari requisiti morali. Era loro
espressamente vietato di accettare ricompense e mance.
Lettera di Canuto Canuti a Ferdinando
Verardini del 3 luglio 1855
autografa firm., 3 p. su 2 c.
Collocazione: F.S. Ferdinando Verardini. Carteggio. cart. I. n. 238.
L'applicazione delle rigide procedure previste dai regolamenti
e dalle circolari risultava spesso problematica nella
realtà, come testimonia questa lettera inviata
a Ferdinando Verardini da un collega:
[...] essendo morta una tale di colera la paglia del
letto era nella storta ed è stata raccolta da un
raccoglitore d'immondezze [...] invece di essere trasportata in luogo adatto e bruciata.
Vengono elencati i compiti fondamentali dei Fanti di Sanità,
qui e in altri casi però disattesi, con grande
pericolo per la propagazione del contagio: [...] Si ricorderà che giorni sono le dicevo che
il fante di sanità macchinalmente si presta una
per volta alle disinfezioni, non si cura di ammassare
le biancherie sporche per cacciarle in un vaso con cloruro
di calce, non si lava il pavimento con cloruro di calce,
non si fa gettare cloruro di calce nelle latrine, non
si consigliano gli assistenti a cambiare i panni ed espurgarli
ad altre avvertenze. Senza istruzioni in iscritto non
si farà niente di buono. [...]
Louis-Bernard Guyton de Morveau, Preservativi
contro la peste ossia L'arte di conservarsi in salute
di prevenire il contaggio e di arrestare i progressi; col trattato
dei mezzi di disinfettare e purgar l'aria.
Terza edizione, Bologna, nella tipografia di Iacopo Marsigli, 1804
Collocazione: 10. Z. V. 35. op. 2.
La specialità dei Fanti di Sanità era
la predisposizione dei suffumigi, cioè la disinfezione
mediante l'evaporazione di composti chimici. I composti
utilizzati erano diversi a seconda che venissero praticati
in ambienti dove erano presenti persone (in questo caso
si utilizzava "il suffumigio di Smith") o
in locali sgombri: in questo secondo caso il sistema
più diffuso era il suffumigio "Guyton Morveau"
che prendeva il nome dal chimico francese Louis-Bernard
Guyton de Morveau (1737-1816) che lo aveva messo a punto
alla fine del Settecento ed era quindi già ampiamente
conosciuto alla comparsa del colera in Europa.
Giacomo Tommasini
Istruzione popolare sul cholera-morbus
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Istruzione sul cholera-morbus: raccolta di
preservativi e di regole fatta da un zelante sacerdote della Diocesi
di Bologna
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Pietro Gamberini
Istruzione intorno la malattia del cholera morbus del dottor
Pietro Gamberini.
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Il presente Avviso è un esempio
della rigorosa vigilanza che la Deputazione di Annona faceva su
tutti gli alimenti considerati pericolosi e nocivi.
In particolare le disposizioni si concentrano sulla frutta
che, mangiata senza regola o non alla giusta maturazione,
sconcerta le funzioni digestive e quindi vien dato adito
al colera con facilità.
Ecco quindi che scattano tutta una serie di provvedimenti
di limitazione alla vendita di frutta che doveva entrare
in città solamente attraverso 4 porte: Maggiore,
S. Felice, Galliera e S. Mamolo, dal primo mattino fino
alle 10 antimeridiane, dopo essere stata scrupolosamente
controllata per verificare che non fosse né acerba,
né troppo matura.
Collocazione: Bandi Merlani, 1855, n.144
Tra la frutta sono in particolare presi
di mira i meloni e i cocomeri, da sempre considerati responsabili
della diffusione della malattia.
Già a partire dalla seconda metà del 500 troviamo
bandi che proibiscono la raccolta di meloni acerbi o il
loro interramento per farli maturare, come era consuetudine allora
di molti ortolani. Ora si pensa invece che la natura zuccherina
di tali frutti,sovrabbondanti di materiali acquosi e albuminosi,
di facile fermentazione, possa indisporre il tubo gastro-enterico
e favorire una predisposizione alla malattia. A partire dal giugno
1855, con l'avvicinarsi della stagione della maturazione di tale
frutta, vediamo che i vari provvedimenti invitano dapprima all'osservanza
delle regole emanate e stabilite in precedenza, che limitano la
vendita di frutta non perfettamente conservata. La riottosità
dei bolognesi all'osservanza di tali norme e la diffusione sempre
più ampia della malattia però porta non solo a reiterare
le disposizioni, ma a renderle sempre più repressive fino
alle più estreme conseguenze: distruzione delle coltivazioni
delle melonaie in tutta la provincia e divieto assoluto di vendita
di meloni e cocomeri.
Collocazione: Bandi Merlani, 1855, n. 100.
Il fenomeno del consumo dei cocomeri e
dei meloni è inarginabile, nonostante le reiterate
proibizioni da parte delle autorità e la pubblicazione
dei vari avvisi. Per impedire che il popolo minuto ne
faccia un uso smodato e pernicioso si ordina la distruzione
coll'aratro di tutte le mellonare esistenti nella Provincia.
Collocazione: Bandi Sorbelli, 44/19
Tra le molte istruzioni popolari che la
Deputazione Sanitaria Comunale, presieduta da Paolo Predieri,
diffuse maggiormente,ci furono quelle destinate ai lavandai,
poiché si era capito che erano tra i soggetti più
colpiti dalla malattia.
Questa è l'apposita istruzione compilata per loro
e a loro distribuita, con correzioni manoscritte e firma autografa
di Predieri.
Collocazione: Bandi Merlani, 1855, n.107.
Due circolari che ribadiscono l'importanza
di attenersi alle rigide norme igieniche previste dalle Autorità
e diffuse tra i cittadini con il fine di limitare il più
possibile il contagio.
La reiterazione di tali norme non era mai considerata
sufficiente, soprattutto quelle riguardanti il trattamento
dell'abitazione dei malati e gli espurghi della loro
biancheria.
Collocazione: Bandi Merlani, 1855, n. 55, n. 73.