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Le due vite di Teresita. Agli inizi del lavoro femminile in biblioteca.

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presso la Biblioteca comunale
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L'ISTRUZIONE FEMMINILE

La "scuola normale" fu l'unica occasione offerta alle donne per poter ottenere un'istruzione formalmente riconosciuta fino quasi alla fine dell'Ottocento. Queste scuole ebbero quindi un grande successo: fra il 1868 ed il 1876 le iscritte passarono da 2000 a 6400. A frequentarle erano le ragazze della piccola borghesia o dell'aristocrazia operaia, che aspiravano all'impiego di maestra, ma anche quelle, appartenenti alla buona borghesia, destinate ad utilizzare la loro formazione esclusivamente per educare i figli. Il liceo rimase invece interdetto alle ragazze fino al 1883.

Indipendentemente dall'estrazione sociale e culturale delle famiglie e per quanto fossero intellettualmente brillanti, si riteneva che la mente femminile fosse inadeguata e che fosse inopportuno per delle fanciulle frequentare ambienti maschili come i licei. Anche dopo l'ammissione, le ragazze rimasero comunque una minoranza esigua: nel 1889-1890 nei licei italiani vi erano 44 studentesse, diventate nel 1901-1902 erano 315, con un rapporto di una ogni quaranta maschi. Con questi numeri non si potevano formare classi separate per le ragazze, ma se questo fu un ostacolo per qualcuna, d'altra parte permise a molte di ottenere la stessa istruzione dei loro compagni.


Vittore Rava, Le Laureate in Italia. Notizie Statistiche, 1902 Coll. MALVEZZI 657/5

Il numero di donne che conseguirono la laurea fino al 1900 era così esiguo che nelle statistiche potevano essere elencate con il loro nome. Il primo nominativo è quello di Giulia Cavallari, compagna di studi di Giovanni Pascoli e allieva di Giosue Carducci; si dedicò all'insegnamento e divenne direttrice della Scuola Regina Margherita di Bologna.

In Italia nessuna norma vietava alle donne l'iscrizione all'Università e nel 1876 la loro presenza venne anche ammessa formalmente. La prima donna a laurearsi nel Regno d'Italia fu Ernestina Paper che nel 1877 si laureò a Firenze in medicina, mentre l'anno successivo fu la volta di Maria Farné Velleda a Torino, sempre in medicina. Finché i licei non aprirono alle ragazze, si trattò comunque di un diritto prevalentemente teorico: tra il 1877 e il 1900 vennero conferite dalle università italiane 257 lauree a 224 donne (31 di loro conseguirono due lauree e una addirittura tre), ma prima del 1892 le laureate furono solo 38. Successivamente la presenza femminile divenne più significativa: nel 1913 il 5,8 % degli studenti universitari erano donne, ma si concentrarono sempre di più nelle facoltà umanistiche, a scapito delle facoltà che preparavano all'esercizio delle libere professioni.

Fra le "pioniere" che si batterono per l'iscrizione al liceo, vi era Giulia Sacconi, figlia del direttore della Biblioteca Nazionale di Firenze, che, conseguita la licenza liceale, fu anche la prima donna ad entrare nei ruoli delle biblioteche governative, vincendo il primo concorso, bandito secondo i nuovi regolamenti, per intraprendere la carriera di bibliotecario statale. Seconda classificata fu un'altra donna: Anita Castellano. Giulia Sacconi, che per alcuni anni lavorò in Marucelliana, brevettò anche un catalogo a schede.

La laurea comunque non garantiva l'accesso alle professioni: per conquistarsi questo diritto le donne combatterono altre battaglie. I maggiori ostacoli li dovettero affrontare quelle che aspiravano alla carriera di avvocato, come dimostrano i casi di Lidia Poet e Teresa Labriola. La prima, laureata in giurisprudenza nel 1881, si vide annullare dalla Cassazione l'iscrizione all'albo perché l'esercizio dell'avvocatura, in quanto ufficio pubblico civile, non era compatibile con la condizione della donna; a Teresa Labriola l'accesso alla professione fu negato, benché avesse la libera docenza nella facoltà di giurisprudenza di Roma, e poté esercitare come avvocato solo dopo il 1919.

 


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