L'evoluzione dell'abbigliamento è specchio
dell'evoluzione del ruolo femminile nella società:
dalla crinolina, che ingabbia a metà dell'Ottocento
la donna-bambola nel suo ambito domestico e salottiero, si
arriva all'abito sciolto, senza busti e costrizioni, che nel
Novecento asseconda l'uscita di casa da parte della donna
adulta per affrontare le novità del mondo esterno,
caratterizzato dalla tecnica e dalla velocità.
L'abito è simbolo di uno status sociale e riassume
uno stile di vita: tra Otto e Novecento si assiste al distacco
da una concezione "decorativa" dell'abito femminile
per passare a una semplificazione dove si coniuga eleganza
a praticità. Inoltre la moda è sintesi di linguaggi
artistici diversi, come quello della pittura, dell'oreficeria
e della tessitura. Henry van de Velde (1863-1957), l'architetto
belga creatore dello stile Art Nouveau caratterizzato
dalle lunghe linee serpeggianti derivate dalle forme della
natura, incominciò ad inserire l'abito all'interno
di una progettazione generale e unitaria delle arti, che,
dall'architettura, si estendeva all'arredo e alle suppellettili.
Nel secolo del Romanticismo la moda riflette gli ideali e
lo stile della famiglia borghese, che riservava alla donna
esclusivamente lo spazio privato dove era custode dell'ordine,
della pace e della moralità. I periodici femminili
diffondono l'immagine della donna portatrice di valori e di
virtù, incarnando l'ideale dell'angelo del focolare:
obbligatori la modestia del gesto, la prudenza del comportamento,
lo sguardo dolce e timido, a complemento di un tipo di bellezza
che esaltava i segnali infantili, suscitatori di protezione
e inibitori di violenza: l'ovale del volto racchiudeva guance
piene, occhi grandi, bocca a cuore, mentre le linee del corpo
tondeggianti, a clessidra, simboleggiavano fragilità,
dolcezza e arrendevolezza.
La sensualità era rigorosamente controllata: l'abito,
chiuso attorno al collo (le scollature vennero accettate solo
negli abiti da sera), aveva maniche lunghe e spalle cadenti;
gonne lunghe e strati di biancheria - camicia, busto, copribusto,
sottogonne, mutandoni - nascondevano il corpo. Il busto era
una corazza di tela irrigidita da stecche di balena, che doveva
assicurare il vitino di vespa anche a prezzo di dolori e svenimenti.
Era portato obbligatoriamente fin dall'infanzia, in quanto
era opinione comune che esso dovesse correggere i difetti
del portamento e sostenere la 'naturale' debolezza della spina
dorsale femminile.
D'altra parte l'Ottocento è anche l'età d'oro
delle cocottes, le cortigiane francesi famose e celebrate,
come la Dame aux camélias, Alphonsine Marie
Duplessis, che dettarono moda, proponendo un nuovo ideale
estetico più provocante e appariscente, sostenuto dall'avvento
sulla scena letteraria della figura della Femme fatale.
Il vestito femminile si trasformò nelle sue linee:
la sottana, che all'inizio del secolo XIX mostrava la caviglia,
per poi allungarsi fino ai piedi nel 1840 e allargarsi sempre
più con la cupola della crinolina, si prolungò
addirittura con lo strascico dopo il 1870; ritornò
infine sul volgere del secolo a una lunghezza moderata e a
una sagoma a campana. Il punto vita, alto fino al 1822, si
abbassò alla sua posizione naturale e scese a punta
sul davanti.
Influenzato anche dal succedersi dei movimenti culturali,
il costume femminile trovò ispirazione in fogge che
guardavano al passato e alla storia: con l'avvento del romanticismo
gli abiti si coprirono di pizzi e balze; ci si ispirò
alla storia, al gotico e al Rinascimento, e soprattutto alle
eroine del melodramma. Con l'avanzare del secolo il gusto
si spostò verso lo stile rococò, molto amato
dall'imperatrice Eugenia. Attorno al 1870 trionfò l'eclettismo
e si moltiplicano passamanerie e applicazioni; a fine secolo
si ritornò a una linea che si ispirava alle corolle
dei fiori e alla sinuosità serpentina, mentre trionfava
l'Art Nouveau.
Ancora: ogni occasione comportava, nei manuali di galateo,
una veste appropriata per la signora elegante, sempre adeguata
al ruolo mondano da interpretare: abiti da casa, da viaggio,
da passeggio, da carrozza, da visita, da ballo, da lutto,
da mezzo lutto, e - novità - abiti da sport.
Lo sport si era fatto largo dopo la metà nel secolo,
e richiese indumenti appropriati per ambo i sessi: il costume
da bagno era, in particolare per la donna, un compromesso
tra il bisogno di avere un indumento con cui muoversi adeguatamente
in acqua e l'imperativo morale di nascondere quanta più
epidermide possibile.
Nell'equitazione, il completo da amazzone comportava una lunga
gonna a strascico, che doveva scendere a coprire le gambe
quando la donna cavalcav, scomodamente seduta di fianco sulla
sella.
Il secolo doveva però scoprire altri sport, come il
golf, il tennis e la bicicletta: dopo il 1890 comparirono
gli abiti per le cicliste, tentando anche un precoce ripudio
della sottana, facendo ricorso a calzoni alla zuava che coprivano
le gambe fino al ginocchio, avendo a volte quale unico compromesso
una corta tunica per nascondere parte dei fianchi.
Tra il 1890 e il 1910 si ebbe una vera e propria riforma
della moda. Le maniche si allargarono all'attaccatura delle
spalle per poi stringersi lungo la lunghezza del braccio,
sostituendo l'effetto 'prosciutto' con quello a 'palloncino',
e mostrando maggiormente la linea retta delle braccia; scompare
il 'sellino', ossia il cuscinetto imbottito fissato sotto
le gonne negli abiti femminili per rialzarne il drappeggio.
Intorno al 1895, poi, apparve un nuovo tipo di busto che spingeva
il seno della donna verso l'alto, schiacciando il ventre,
per accentuare l'esilità della figura e la sinuosità
serpentina del portamento. Le vesti furono dotate di colli
foderati e le sottogonne alleggerite dai merletti.
Pochi anni prima, inoltre, aveva fatto la sua la comparsa
un capo destinato a durare fino ai giorni nostri: il tailleur,
che prende il nome dal termine usato in francese per indicare
il sarto da uomo: composto da giacca e gonna, era un completo
femminile inventato dall'inglese Redfern come derivazione
dell'abito maschile, su committenza della principessa del
Galles. Solo dalla fine del XIX secolo il capo di vestiario
passò da indumento riservato a occasioni informali
(da indossare essenzialmente al mattino) a modello della vita
attiva con una forte connotazione di libertà (anche
nei movimenti), quasi a segnare i progressi dell'emancipazione
femminile. Comparvero camicette lavorate con passamanerie,
merletti e bottoni; corsetti molto meno attillati e gonne
lunghe.
I veri trionfatori della moda furono, però, a fine
Ottocento, i grandi cappelli piumati che adornavano ed aggraziavano
i capi, lanciando, ancora una volta un segnale di elevata
appartenenza sociale: solo colei che indossava il cappello
poteva qualificarsi ed essere trattata come 'signora'. Per
quanto riguarda le acconciature, i capelli, in questo periodo,
vengono cotonati e trattenuti sopra la testa, in un ampio
e morbido chignon. A differenza del passato, tutti i capelli
vengono raccolti all'indietro, e nessuna ciocca è lasciata
libera dall'acconciatura. Le forcine scompaiono nella pettinatura,
che conferisce alla donna un aspetto elegante e ordinato.
Ma nel frattempo le donne, spossate dai nuovi busti che le
costringevano in posizioni scomode e dolorose, iniziarono
la loro battaglia contro la moda imperante. I tempi erano
maturi per il passo decisivo e l'esigenza fu raccolta dal
sarto parigino più in vista e scandaloso, Paul Poiret:
stanco dei colori pallidi e della linea a clessidra dello
stile ottocentesco, attorno al 1910 inventò una donna
priva di busto che indossava abiti a vita alta e dai colori
vivaci. In contemporanea con quest'innovazione, le gonne si
strinsero in fondo, raccogliendosi intorno ai piedi, e conferendo
un aspetto slanciato alla figura femminile dal petto prominente.
Già agli inizi del secolo XX la nuova donna, che doveva
misurarsi negli impieghi, nell'insegnamento e nelle diverse
professioni, aveva esigenze di praticità e di un abbigliamento
consono ad una vita più dinamica e talvolta anche priva
di etichette. A Vienna l'architetto Adolf Loos, uno dei fondatori
del Razionalismo europeo, nel 1898 scrive che la moda esprime
l'emancipazione: nel 1908 pubblica Ornament und Verbrechen
(Ornamento e Delitto), un testo provocatorio in cui sottolinea
l'utilità sociale della produzione di oggetti dalle
linee essenziali e di forma semplice.
Anche i Futuristi si occupano dell'abito e l'artista francese
Sonia Delaunay (1885-1979) che, con il marito Robert Delaunay
e altri, fondò il movimento artistico dell'orfismo,
noto per il suo uso di colori forti e geometrici, si applicò
al disegno di tessuti per abiti coloratissimi e dai motivi
astratti.
Nel 1914 scoppiò la Prima Guerra mondiale. Pur tra
mille difficoltà Parigi volle mantenere il suo ruolo
di arbitra dell'eleganza e i grandi couturiers continuarono
la loro attività, nonostante la mancanza di materie
prime che dovevano essere, di necessità, mandate al
fronte. Forse anche per risparmiare tessuto, le gonne si accorciarono
al polpaccio, mentre si affermarono linee militaresche, appena
mitigate dalla cosiddetta crinolina di guerra, una gonna imbottita
di tulle.
Ma il mondo era definitivamente cambiato, e la donna pure.
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