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9. MAURO
GANDOLFI TRA RIVOLUZIONE E RESTAURAZIONE |
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MAURO
GANDOLFI (Bologna, 1764-1834)
Figlio ed allievo di Gaetano Gandolfi, Mauro
dimostrò presto un'indole vivace e ribelle. A soli sedici anni lasciò
la famiglia e partì per la Francia.
Tornato a Bologna nel 1785 incominciò a frequentare l'Accademia
Clementina, affinando le conoscenze tecniche cui il padre lo aveva
avviato. Riportò numerosi premi e fu nominato 'professore di figura'
dal 1794 al 1797.
Nel frattempo aiutava il padre, pittore affermato e oberato da commissioni,
lavorando nel suo atelier ed era attivo in modo autonomo come pittore,
disegnatore, miniaturista ed incisore, passioni coltivate fin dal
soggiorno francese.
Inoltre, per le sue simpatie politiche e per la padronanza della
lingua francese, si guadagnò l'incarico di portavoce dei cittadini
bolognesi in occasione dell'ingresso di Napoleone a Bologna, nell'estate
del 1796. E nello stesso anno, per la sua militanza fu eletto
membro della prima assemblea Cispadana a Modena.
Partecipò al primo Congresso Cispadano indetto da Napoleone (1796);
ricoprì varie cariche pubbliche a Bologna, fu tra i promotori
del primo progetto per un cimitero comunale, posto fuori dalla
cerchia delle mura cittadine, e nel 1798 allestì la Festa patriotica
della riconoscenza alla Repubblica Francese.
Nel 1801 si recò ancora in Francia per un periodo di cinque anni;
attratto, lui ardente giacobino, dalla mutata situazione politica,
scelse di specializzarsi in nuove tecniche incisorie e si mise in
luce come riproduttore di opere d'arte e restauratore.
L'ultima parte della sua attività lo vede attivo soprattutto come
incisore-traduttore di famosi dipinti, secondo un uso che andava
all'epoca sviluppandosi; incise inoltre molte delle invenzioni del
padre, dai suoi disegni o dipinti.
Si spense a Bologna il 4 gennaio 1834, avendo lasciato memoria della
sua vita in un racconto autobiografico di grande vivacità e di scrittura
briosa.
Un contrappunto all'attività incisoria
'di traduzione' è rappresentata dalla produzione di intestazioni
per carta da lettere nel periodo rivoluzionario.
Gandolfi si rivela un leggiadro evocatore di immagini allegoriche,
alle quali riesce a donare una personalissima verve espressiva
accompagnata da una leggerezza del tratto tutta settecentesca. Non
si tratta delle solite rappresentazioni monotone che esibiscono
algide figure della Libertà e dell'Uguaglianza, ma di figurine animate
da una vitalità in cui egli esprime tutto l'entusiasmo per il rinnovamento
politico in atto, che influenzò anche le sue scelte di vita.
Dopo aver eseguito la decorazione a tempera della Glorificazione
della Repubblica Cispadana in un soffitto di Palazzo d'Accursio,
dove si riunivano i membri della Repubblica, decise addirittura
di rinunciare alla pittura paventando che fosse venuta meno la committenza
del ceto nobiliare e degli ordini religiosi.
Aprì una propria calcografia in alcuni locali dello stesso Palazzo
Comunale e si dedicò completamente all'incisione, ritenuta forse
la più democratica delle arti.
Successivamente, nel 1801, decise di recarsi a Parigi, dove, inviato
con un sussidio dell'Istituto delle Scienze e delle Arti, passò
sei anni per specializzarsi nel mestiere di incisore di riproduzione.
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