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Una
raccolta di biglietti da visita all'Archiginnasio
La Biblioteca annovera fra le raccolte iconografiche del proprio
Gabinetto dei Disegni e delle Stampe un piccolo ma pregevole nucleo
di biglietti da visita del Sette-Ottocento, che offre uno specimen
della fortuna e della diffusione di questo particolare strumento
di comunicazione sociale a Bologna.
La moda francese della carte de visite, nella prima
metà del Settecento tipica espressione del ceto aristocratico, venne
poi adottata anche da quello borghese, e, divenuta fatto generale
di costume, sopravvisse e perdurò ben oltre lo sconvolgimento giacobino
negli anni Novanta del XVIII secolo.
Durante tale periodo l'iconografia, primariamente finalizzata all'espressione
del ruolo sociale, acquisì i simboli del nuovo regime, che integrarono,
senza mai sostituirli del tutto, gli stilemi decorativi adoperati
in precedenza, cosicché, ad esempio, accade ancora di trovare, accanto
a scene alludenti alla personalità e all'ufficio pubblico del proprietario,
gli emblemi araldici familiari, formalmente aboliti dalla Rivoluzione.
La provenienza
L'esame degli esemplari, affini per cronologia e ambito artistico,
ci conducono alla figura di Pelagio Palagi, pittore e collezionista,
che nel 1860 lasciò le proprie raccolte d'arte, archeologiche, librarie
e documentarie al Comune di Bologna.
Nella collezione infatti, oltre ad alcuni pezzi di sua mano, compaiono
anche diverse copie dell'incisione creata per sé stesso, usata sia
come biglietto da visita sia come ex libris nelle edizioni
di maggior pregio della propria libreria. È inoltre presente un
campione della sua carta da lettere; biglietti dedicati all'Aldrovandi,
suo mecenate; infine, anche diversi stati dell'incisione per il
biglietto del conte Malvasia Gabrielli, che rivelano le varianti
d'autore prima della stesura finale.
La raccolta comprende poi pezzi di altri artisti amici del Palagi,
come Francesco Rosaspina e Giacomo Rossi: tutti facenti
parte dello stesso cenacolo che si riuniva nel fastoso palazzo Aldrovandi
in via Galliera, animato dal conte Carlo Filippo, mecenate e cultore
delle arti. Attorno a lui convenivano, nel delicato periodo di passaggio
dall'Ancien Régime ai nuovi ideali delle Repubbliche Giacobine,
anche l'architetto Giovanni Antonio Antolini, il pittore Felice
Giani, oltre a personaggi di spicco nella vita cittadina, come
il conte Ferdinando Marescalchi e l'avvocato Antonio Aldini. In
questa fucina d'idee si diffonde tutta una sintassi decorativa ricorrente
nell'ornamentazione dei biglietti da visita di questa raccolta e
nelle grandi decorazioni parietali dell'epoca.
Pelagio Palagi (Bologna, 1775
- Torino, 1860)
Pittore e architetto, decoratore e collezionista di antichità.
Nel periodo giovanile, trascorso sotto la protezione del conte Carlo
Filippo Aldrovandi Marescotti, si dedicò soprattutto al genere
della veduta architettonica, praticato dal gruppo di artisti scenografi
che si riunivano attorno all'Aldrovandi per studiare le incisioni
di Giovan Battista Piranesi e i disegni di Mauro Tesi. Studiò presso
l'Accademia Clementina di Bologna e, nel 1803, entrò fra
i docenti della Accademia Nazionale di Belle Arti, erede repubblicana
della Clementina, a fianco di artisti come Mauro Gandolfi. Trasferitosi
a Roma nel 1806, venne a contatto con le opere di Camuccini,
Ingres e Canova e soprattutto con l'antichità, che influenzò l'evoluzione
del suo linguaggio, portandolo ad aderire allo stile neoclassico.
Dal 1816 pose la sua residenza a Milano, dedicandosi alla
pittura storica e al ritratto. Nel 1832 fu invitato da Carlo Alberto
di Savoia a Torino, dove, nominato "Pittore preposto alla decorazione
de' Reali Palazzi", rimase fino alla morte avvenuta il 6 marzo 1860,
alla vigilia della proclamazione del Regno d'Italia. Non dimentico
della città natale, nel suo testamento lasciò a Bologna le sue
ricchissime collezioni, che andarono ad arricchire i Musei Civici
e la Biblioteca dell'Archiginnasio.
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