Mostra Archiginnasio Quattro matti dietro una palla
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Senza cinema, senza scrivere, che cosa le sarebbe piaciuto diventare?
Un bravo calciatore. Dopo la letteratura e l'eros, per me il football è uno dei grandi piaceri.
(Enzo Biagi intervista Pier Paolo Pasolini. La Stampa, 4 gennaio 1973, p. 3)

Pier Paolo Pasolini, 1961
Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini / Archivio Fotografico Cineteca del Comune di Bologna
Pasolini intervista i giocatori del Bologna durante le riprese di Comizi d'amore, ottobre 1963, foto Angelo Novi. Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini / Archivio Fotografico - Cineteca del Comune di Bologna

.. Io sono tifoso del Bologna. Non tanto perché sono nato a Bologna quanto perché a Bologna, (...) sono ritornato a quattordici anni, e ho cominciato a giocare a pallone. (...) I pomeriggi che ho passato a giocare a pallone sui Prati di Caprara (giocavo anche sei-sette ore di seguito, ininterrottamente: ala destra, allora, e i miei amici, qualche anno dopo, mi avrebbero chiamato lo "Stukas": ricordo dolce bieco) sono stati indubbiamente i più belli della mia vita. Mi viene quasi un nodo alla gola, se ci penso. Allora, il Bologna era il Bologna più potente della sua storia: quello di Biavati e Sansone, di Reguzzoni e Andreolo (il re del campo), di Marchesi, di Fedullo e Pagotto. Non ho mai visto niente di più bello degli scambi tra Biavati e Sansone (Reguzzoni è stato un po' ripreso da Pascutti). Che domeniche allo stadio Comunale!
(PIER PAOLO PASOLINI, Allo stadio la passione non cambia, dalla rubrica Il caos del settimanale Tempo, 4 gennaio 1969)

So ancora fare il passo doppio alla Biavati. Si ricorda di Biavati?
(Frase tratta da: GIULIO NASCIMBENI, Pasolini: "Che fiera atroce. Meglio parlare di calcio...", in Corriere della Sera, 28 settembre 1995, p. 33)

... E so come sia terso in questo ottobre
il colle di San Luca sopra il mare
di teste che copre il cerchio dello stadio ...
(Versi tratti da: PIER PAOLO PASOLINI, Roma 1950. Diario, Scheiwiller, Milano, 1960, p. 27)


Valerio Piccioni, Quando giocava Pasolini: calcio, corpo e parole di un poeta, Arezzo, Limina, 1996
Pasolini, il secondo in basso a destra, con la Nazionale dello Spettacolo, anni '70. Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini / Archivio Fotografico - Cineteca del Comune di Bologna

Il football è un sistema di segni, cioè un linguaggio.
Esso ha tutte le caratteristiche fondamentali del linguaggio per eccellenza, quello che noi ci poniamo subito come termine di confronto, ossia il linguaggio scritto-parlato. [...] Ebbene, anche per la lingua del calcio si possono fare distinzioni del genere: anche il calcio possiede dei sottocodici, dal momento in cui, da puramente strumentale, diventa espressivo.
Ci può essere un calcio come linguaggio fondamentalmente prosastico e un calcio come linguaggio fondamentalmente poetico.
Per spiegarmi, darò - anticipando le conclusioni - alcuni esempi: Bulgarelli gioca un calcio in prosa: egli è un "prosatore realista"; Riva gioca un calcio in poesia: egli è un "poeta realista".
Corso gioca un calcio in poesia, ma non è un "poeta realista": è un poeta un po' maudit, extravagante.
Rivera gioca un calcio in prosa: ma la sua è una prosa poetica, da "elzeviro". Anche Mazzola è un elzevirista, che potrebbe scrivere sul "Corriere della Sera": ma è più poeta di Rivera; ogni tanto egli interrompe la prosa, e inventa lì per lì due versi folgoranti.
Si noti bene che tra la prosa e la poesia non faccio distinzione di valore; la mia è una distinzione puramente tecnica. [...] Ci sono nel calcio dei momenti che sono esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del "goal". Ogni goal è sempre un'invenzione, è sempre una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica. Il capocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell'anno. In questo momento lo è Savoldi. Il calcio che esprime più goals è il calcio più poetico.
Anche il "dribbling" è di per sé poetico (anche se non "sempre" come l'azione del goal). Infatti il sogno di ogni giocatore (condiviso da ogni spettatore) è partire da metà campo, dribblare tutti e segnare.
(Brano tratto da: Il calcio "è" un linguaggio con i suoi poeti e prosatori, in: PIER PAOLO PASOLINI, Saggi sulla letteratura e sull'arte, Mondadori, Milano 1999, v. II, pp. 2545-2551)

... Il calcio è l'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. E' rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l'ultima rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro. Perciò considero il calcio l'unico grande rito rimasto al nostro tempo.
(Guido Gerosa intervista Pier Paolo Pasolini. L'Europeo, 31 dicembre 1970)

 

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