Sono trascorsi sessanta anni da quando due deputati,
Aldo Cucchi e Valdo Magnani, si dimisero dal Partito Comunista
Italiano e diedero vita ad un'iniziativa politica che rappresenta
ancora oggi una questione aperta per la storiografia italiana.
Nel gennaio del 1951 quella scelta fu un clamoroso caso di dissenso
dalla linea del PCI e della maggioranza della sinistra italiana
influenzata dallo stalinismo. Il mondo era allora diviso in
due grandi blocchi, la guerra fredda era al culmine e ciò
portava ad essere o filoamericani o filosovietici, inoltre Stalin
era al massimo del suo prestigio.
Nonostante ciò i due deputati sostennero pubblicamente
che la sinistra doveva prendere le distanze dal "socialismo
reale", imperante nell'Unione Sovietica e negli stati dell'Europa
orientale con i regimi a "democrazia popolare", e
rifiutare l'URSS e il PCUS come stato e partito-guida. Cucchi
e Magnani propugnavano le ragioni di una sinistra autonoma e
indipendente, impegnata a potenziare la democrazia, ed avevano
per orizzonte una società socialista e un Paese fuori
dai due blocchi contrapposti.
Contro i pochi che condivisero le posizioni politiche degli
on. Magnani e Cucchi - che spregiativamente vennero denominati
"magnacucchi" - si attuò un rigido cordone
per isolarli e "venne praticata una dura lotta senza esclusione
di colpi".
L'on. Aldo Cucchi (medaglia d'oro della Resistenza, docente
universitario, cittadino onorario e consigliere comunale di
Bologna) e l'on. Valdo Magnani (medaglia di bronzo per l'attività
svolta come partigiano in Jugoslavia, laureato in filosofia
e in scienze economiche) risposero con puntuali documenti agli
attacchi che malignamente furono diretti perfino alla onorabilità
delle persone, e chiesero un confronto sulle linee politiche
che erano alla base della loro decisione.
Nei mesi successivi, assieme a militanti ed esponenti provenienti
dalla diaspora socialista e dal Partito d'azione, quali: Giuliano
Pischel, Lucio Libertini, Vera Lombardi, Vito Scarongella, Mario
Giovana, Nino Wodizka e altri, fondarono il settimanale "Risorgimento
Socialista", e costituirono un'organizzazione politica
che si chiamò Movimento Lavoratori Italiani (MLI), finché
nel 1953 essendo pervenute nuove adesioni, assunse il nome di
Unione Socialista Indipendente (USI) e ottenne un discreto risultato
alle elezioni politiche dello stesso anno.
Gli avvenimenti del "memorabile" 1956 dimostrarono
la validità di gran parte delle tesi politiche dei "magnacucchi".
Infatti, nel suo rapporto segreto, Krusciov rivelò le
colpe e i misfatti di Stalin; inoltre, nell'ottobre e novembre
dello stesso anno, le vicende che avvennero in Polonia e la
rivolta popolare ungherese, repressa dall'esercito sovietico,
confermarono che in quei paesi si poneva con forza il problema
della libertà. Gli eventi internazionali generarono profonde
ripercussioni nei partiti della sinistra italiana, tra le quali
una ripresa di autonomia del PSI rispetto alle posizioni del
PCI.
L'USI, che aveva dimostrato lungimiranza politica nel corso
di ben cinque anni di travagliata attività, in quella
situazione dovette misurarsi con la limitatezza delle proprie
forze e tenere conto delle mutate condizioni politiche. Tutto
ciò portò allo scioglimento del Movimento; i dirigenti
e i militanti fecero scelte diverse.