Le memorie

Girolamo GASTALDI

(Genova (Taggia), ?, - Roma, 1685)

Girolamo Castaldi ci offre un raro esempio di carriera ecclesiastica costruita solo grazie ai meriti personali e non grazie al potere e alla nobiltà della famiglia di appartenenza. Il padre era un giureconsulto della Riviera di Ponente e la famiglia fu ascritta alla nobiltà di Genova solo nel 1655, nella persona del fratello di Girolamo, Benedetto, marchese di Serra Nuova e Corovigno. Arrivato a Roma come "sollecitatore delle cause forensi" al servizio di una famiglia aristocratica, malgrado il viso butterato dal vaiolo e il modo di fare rozzo, si mise in luce per l'intelligenza e l'abilità con cui riuscì a risolvere affari complessi e fu ammesso in prelatura e ai primi gradi della carriera diplomatica-ecclesiastica. Nel 1657 Alessandro VII lo nominò commissario generale della sanità dell'Urbe, un incarico di grande responsabilità, specie in tempo di peste. Della cura e dell'ampiezza di prospettiva con cui l'affrontò è testimone il suo Tractatus de avertenda et profliganda peste politico legalis, ristampato ancora nel 1831. Gli incarichi successivi furono quelli di chierico di camera, di commissario generale delle armi della Chiesa, di presidente della dogana e della grascia e infine di tesoriere generale. Nel 1673 la sua carriera di amministratore oculato ed efficiente fu premiata da Clemente X con il cardinalato. Il papa seguente, Clemente XI, del quale aveva appoggiato l'elezione, lo inviò nel 1678 come legato a Bologna e nel 1680 gli assegnò la diocesi di Benevento, che governò sempre attraverso vicari. Da Bologna fu richiamato a Roma nel 1684, prima del termine del suo mandato, a causa dell'ostilità della nobiltà cittadina nei confronti della sua politica di dura repressione di episodi di illegalità e criminalità i cui autori trovavano complicità in alcune famiglie patrizie. Morì a Roma nell'aprile del 1685 e fu sepolto nella chiesa di S. Maria dei Miracoli, in una tomba monumentale, opera dello scultore Lucenti, che occupa i due lati dell'altare maggiore e accoglie, oltre alle sue spoglie, quelle del marchese Benedetto, suo fratello.

G. MORONI, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, Venezia, 1840-1861, 103 voll., XXVIII, p. 184-185.
CH. WEBER, Legati e governatori dello Stato pontificio (1550-1809) , Roma, 1994, p. 157 e 690.