Le memorie

Bartolomeo AMBROSINI

(Bologna, 1588-1657)

Nacque a Bologna nel 1588. Nel 1610 si addottorò in filosofia e medicina nello Studio cittadino. Cominciò a insegnare nel 1612, leggendo prima logica, poi medicina teorica, quindi medicina pratica e ottenendo un notevole successo, come testimoniano le tre iscrizioni che gli studenti gli dedicarono. Ma i suoi interessi andavano più che alla medicina alla botanica e nel 1619 chiese ed ottenne la lettura dei Semplici medicinali nell'Università. Nel 1620 gli fu affidata anche l'ostensione dei Semplici nell'Orto botanico. Infine nel 1634 fu nominato Custode dello Studio Aldrovandi, cioè del museo che il grande naturalista aveva lasciato al Senato di Bologna, perché potesse continuare a svolgere la sua funzione di supporto didattico e di laboratorio per gli studenti e perché venisse portata a termine la pubblicazione dei restanti volumi della sua Storia naturale. Ambrosini trovò i materiali aldrovandiani in uno stato di abbandono, ma nel giro di pochi mesi li riordinò e, con l'aiuto del fratello Giacinto, li riportò alla originaria funzione. Nel 1637 venne stampato il primo volume delle opere aldrovandiane da lui curate. Si tratta delDe Quadrupedibus digitatis, cui seguirono nel 1639 iSerpentum et Draconum historiae libri, nel 1642 la Monstrorum historia e nel 1648 il Musaeum metallicum. L'operosità editoriale dell'Ambrosini venne premiata dal senato con numerosi e consistenti aumenti di stipendio. Accanto a questa egli continuò anche quella di ostensore delle piante nell'Orto botanico, in collaborazione col fratello Giacinto, che gli succederà nell'incarico, e con il sovrintendente Giacomo Zanoni, botanico di grande valore e riconosciuto continuatore del programma d'indagine sulla natura iniziata da Aldrovandi. Un titolo che invece Bartolomeo Ambrosini, secondo alcuni storici, non merita. Infatti nella sua opera e anche nell'edizione dei manoscritti aldrovandiani torna in primo piano l'interesse per quei significati simbolici, religiosi e magici delle piante, delle pietre e degli animali, che il grande naturalista, pur non trascurandoli, aveva accuratamente distinto dai caratteri e dalle proprietà direttamente osservabili e sperimentabili. Ne è un esempio un'opera pubblicata nel 1630: Panacea ex herbis quae a Sanctis denominantur concinnata, che rappresenta un tentativo di cristianizzare la farmacopea popolare e di distruggere ogni forma residua di culto pagano, riconducendo ai santi le "virtù" delle erbe attribuite dalla cultura popolare a demoni e spiriti. Ambrosini morì nel 1657 e fu sepolto nella chiesa di S. Giorgio.

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