SFOGLIA IL MANOSCRITTO
Si tratta di un manoscritto miniato su
pergamena (mm 257x186, c. 23, scrittura gotica testuale), databile
entro la prima metà del Quattrocento, realizzato a partire da un
modello italiano, probabilmente a Basilea o comunque in
concomitanza col concilio che vi si svolse a partire dal 1431. Il
fatto che il testo comprenda anche una profezia dedicata a papa
Eugenio IV (1431-1447), del quale è indicata la data completa
dell'elezione al soglio pontificio (3 marzo 1431), costituisce un
elemento cronologico importante per una datazione post
quem.
Il manoscritto è composto di tre fascicoli (I4, II8-1, III12) dei
quali il primo è probabilmente estraneo all'allestimento
originario, mentre il secondo e il terzo hanno fogli disposti
secondo sequenze errate, frutto di almeno due errori verificatisi
con ogni probabilità in occasione di legature posteriori alla
prima.
La legatura - antica, ma non riproposta nel facsimile - è
caratterizzata da una coperta in pergamena floscia ricavata dal
reimpiego di una porzione di un foglio manoscritto, proveniente da
un libro liturgico databile al XV secolo.
|
Ex libris di Francesco di
Antonio Bonali e di Ognibene Montanari, antichi possessori del
manoscritto
(BCABo, ms. A.2848, c. 1r) |
|
Verso della coperta anteriore
con ex libris tipografico di Pelagio Palagi. |
Il manoscritto dell'Archiginnasio
appartiene alla famiglia di codici (Regina) sorta in
concomitanza col concilio di Basilea e, forse, è stato realizzato
per un personaggio di rango proprio in questa cittàà. Qui, durante
il concilio, attirati da possibili committenze, confluirono da
tutta Europa copisti e miniatori, che si influenzarono
reciprocamente. In effetti, il codice A.2848 presenta aspetti che
lo caratterizzano come manufatto realizzato da artefici dell'Italia
settentrionale, mentre altri caratteri lo avvicinano ai prodotti
librari dell'Europa centro-settentrionale.
Il manoscritto, interamente miniato da due artisti diversi, pur
risentendo di elementi trecenteschi evidentemente derivati dal
modello utilizzato, è databile entro la prima metà del
Quattrocento.
Le grandi miniature che illustrano i testi delle trenta profezie sono state attribuite
a un artefice dalla sensibilità decorativa di tipo
gotico-settentrionale, mentre la Sibilla Persea e la Sibilla Libica che
illustrano le prime carte - coeve, ma probabilmente inserite nel
volume in un secondo momento - si devono alla mano del Maestro
delle Vitae Imperatorum, attivo per la cerchia del duca di
Milano Filippo Maria Visconti.
Infine, riconducono all'area lombarda anche le due note
di possesso presenti sulla prima carta, databili fra la fine
del XV e l'inizio del XVI secolo, che riportano i nomi di due
antichi possessori, un Francesco di Antonio Bonali, sacerdote di
Senigo di Brescia e un Ognibene Montanari, che probabilmente lo
ricevette in dono dal possessore precedente. Va però ricordato che
la carta con queste note appartiene al primo fascicolo, quello con
le due Sibille, coevo, ma originariamente estraneo al manoscritto
dei Vaticinia. Sul verso della
coperta anteriore è incollato l'ex
libris tipografico formato da una sottile striscia di carta
con a stampa il nome di Pelagio Palagi, che probabilmente entrò in
possesso del manoscritto dopo il 1826. È questo, infatti, l'anno di
stampa più tardo fra quelli dei volumi che componevano la sua
biblioteca e che sono descritti in un catalogo contenuto in un
quaderno/rubrica alfabetica, nel quale non compaiono i
Vaticinia.
|