Nei manoscritti di Oretti sono presenti, tra notizie relative a cose
d'arte e appunti di viaggio, interessanti 'curiosità'. Ne riferisce
ampiamente Mario Fanti nel saggio Sulla figura e l'opera di Marcello
Oretti: spigolature d'archivio per la storia dell'arte a Bologna («Il
Carrobbio», 1982, pp. 126-143), di cui riportiamo alcuni passi significativi:
A lumeggiare meglio la figura umana dell'Oretti, che
è restata tuttavia abbastanza evanescente, giovano alcuni appunti
ed osservazioni che si possono cogliere, qua e là, nei suoi manoscritti
relativi ai viaggi da lui compiuti in diverse città italiane fra
il 1772 e il 1778; si tratta di annotazioni a volte collegate ai suoi interessi
artistici, ma spesso anche del tutto estranee e riguardanti incidenti di
viaggio, casi curiosi capitatigli, impressioni immediate e giudizi su persone
e ambienti frequentati, dalle quali si può cogliere uno spirito vivace
e critico che osserva le cose con ironia e signorile distacco e a cui, pur
nell'osservanza delle forme e delle convenzioni della 'buona società'
a cui appartiene, non sfugge la realtà anche nei suoi aspetti contraddittori
e sgradevoli od anche semplicemente curiosi e buffi. (...) Come tutti gli
studiosi, che non sempre sono bene accolti dai detentori delle opere che
intendono esaminare, anche l'Oretti sperimentò la poca cordialità
e le perdite di tempo (...). Non solo da parte del clero l'Oretti ricevette
spesso accoglienze poco buone: a Pesaro
"il cavalier Vincenzo Olivieri non si lasciò
vedere, si finse in campagna, li ero stato raccomandato dal P. M.° Martini,
la moglie mi ricevè freddamente e io la pregai di farmi vedere la
sua galleria che mi fu mostrata da un servidore e io li diedi tre paoli
... Il marchese Leonori si finse in villa, e io lo aveva servito più
di un mese in Bologna con grande incomodo e spesa" (...)
(BCABo, GDS, Collezione dei Ritratti, 37.74.9)
Situazioni e personaggi da commedia sono sempre
notati con tratti rapidi ma efficaci:
"Da Loreto a Osimo sempre con pioggia, fui alloggiato in un miserabile
luogo ove vidi la padrona vecchia e un certo Pietro Bracchi musico castrato
soprano che fu discepolo dell'abate Zanardi che fu il mio cicerone; piovette
sempre e il mio landò in strada alla pioggia. Presi una sedia per
sedere a tavola, si ruppe e io cadei a terra ed anche ne presi un'altra
la quale si ruppe e mi convenne pranzare in piedi. Questo Bracchi era
il musico castrato miserabile che mi servì da cameriere nell'alloggio,
con quella voce fessa che mi faceva crepare dalle risa"