La maggior parte dei 32 bombardamenti pesanti e quindi
più distruttivi su Bologna vennero effettuati di giorno dall'aviazione
statunitense (United States Army Air Force), mentre alcuni bombardamenti
notturni vennero effettuati da velivoli inglesi della R.A.F. (Royal Air
Force). Operarono su Bologna anche aerei francesi, sudafricani e brasiliani.
Dunque la maggior parte dei bombardamenti vennero effettuati di giorno,
da aerei americani, e le bombe furono sganciate mediamente da un'altezza
di 20.000 piedi, poco più di 6.000 metri, per limitare il più
possibile l'efficacia della contraerea. A questa quota, e con i sistemi
di puntamento dell'epoca, a volte sotto il fuoco della contraerea o dei
caccia nemici, era scontato che una parte delle bombe finissero fuori
bersaglio: se si considera la distanza in linea d'aria tra la Stazione
Ferroviaria e il centro di Bologna, si comprende purtroppo che senza essere
l'obiettivo dei bombardamenti, tutte le zone della città, e non
solo il centro storico, erano a rischio di essere colpite, come in effetti
accadde. Nel bombardamento del 29 gennaio 1944, oltre alla Stazione Centrale,
il vero obiettivo dell'incursione, le bombe arrivarono a colpire via S.
Stefano, in direzione sud, sud-est, a circa 2 km dal punto di mira.
Il bombardamento del 13 maggio sulla stazione di Castel Maggiore, ad esempio,
fu considerato di eccezionale efficacia (cfr. Mazzanti, Obiettivo Bologna,
p. 153): il 33% delle bombe scoppiarono entro 300 metri dai punti di mira,
dunque delle 192 bombe da 454 kg lanciate, circa 130 scoppiarono all'esterno
delle zone centrali degli obiettivi. Mediamente, dunque, il numero delle
bombe che centravano l'area del bersaglio erano meno di un terzo di quelle
lanciate, e dunque si potevano ottenere risultati efficaci solo con bombardamenti
massicci.
L'unico modo per evitare "danni collaterali" sarebbe stato non
effettuare bombardamenti pesanti su obiettivi posti all'interno dell'area
urbana, come la Stazione Centrale, ma la strategia militare degli Alleati
non poteva rinunciare al tentativo di indebolire il fronte tagliando o
comunque limitando l'afflusso di uomini, mezzi e rifornimenti che transitavano
dallo snodo ferroviario di Bologna, approfittando del dominio quasi incontrastato
dei cieli.
Ciò che accadde a Bologna tra il 1943 e il 1945 era purtroppo,
per quanto terribile, del tutto prevedibile, nel momento in cui il fascismo
nel 1940 decise che l'Italia sarebbe entrata in guerra a fianco della
Germania di Hitler: il primo bombardamento su una città italiana
avvenne a Torino nella notte dell'11 giugno 1940, poche ore dopo la dichiarazione
di guerra. Si rimane sorpresi, leggendo alcuni saggi sui bombardamenti
aerei su Bologna, nel trovare espressioni quali "guerra non voluta
dagli italiani", e altre in cui i bombardamenti, del tutto decontestualizzati,
sembrano essere il risultato del sadismo e della crudeltà gratuita
degli Alleati.
Mussolini e le autorità fasciste conoscevano perfettamente i rischi
a cui sarebbero state esposte le città italiane, e non potevano
non saperlo le centinaia di migliaia di italiani che festeggiarono l'entrata
in guerra, anche perché l'Italia vantava su questi temi alcuni
non invidiabili primati. Fu un generale italiano, Giulio Douhet (1869-1930),
tra i primi nel mondo ad assegnare all'aviazione un ruolo fondamentale
nelle guerre del futuro, pubblicando a Roma nel 1921 Il dominio dell'aria,
poi ristampato nel 1927 e ancora nel 1932, con una prefazione di Italo
Balbo.
Douhet riteneva che il controllo dei cieli fosse fondamentale per la vittoria
nelle guerre del futuro e immaginava che grandi bombardieri corazzati
e potentemente armati, come saranno poi i bombardieri alleati, in primis
il B17 Fortezza Volante, distruggessero prima le forze aeree, il tessuto
industriale e economico dei nemici, poi annientassero anche con armi chimiche
la popolazione civile, senza la quale nessun esercito avrebbe potuto continuare
la guerra:
Basta immaginare ciò che
accadrebbe, fra la popolazione civile dei centri abitati, quando si diffondesse
la notizia che i centri presi di mira dal nemico vengono completamente
distrutti senza lasciar scampo ad alcuno. (Giulio Douhet, Il
dominio
, 1927, cit., p. 31).
Ma i primati italiani non sono solo teorici: i bombardamenti in Libia
nel 1911 nella guerra contro i Turchi, che colpirono anche obiettivi civili,
rappresentarono il primo, rudimentale esempio di utilizzo dell'aviazione
in un conflitto, e ancora nel 1935-36 gli italiani bombardarono obiettivi
militari e civili in Etiopia utilizzando l'iprite e altri aggressivi chimici,
sebbene l'utilizzo di tali sostanze fosse vietato dagli accordi internazionali
del 1925, dopo il loro utilizzo massiccio durante la Prima guerra mondiale.
Fu però durante la Guerra civile spagnola che l'aviazione italiana
sperimentò per prima il bombardamento sistematico sugli abitanti
di una grande città europea, Barcellona. L'aviazione tedesca, intervenuta
a sostegno di Franco, aveva già colpito Madrid, e tutti conoscono
la vicenda di Guernica, distrutta dai tedeschi il 26 aprile 1937. Poco
si parla invece dei bombardamenti italiani che dal 1937 al 1939 l'Aviazione
legionaria delle Baleari, anch'essa intervenuta a sostegno di Franco,
effettuò dalle basi delle Baleari su Barcellona, causando circa
2.700 vittime e 7.000 feriti. In poche ore, tra il 16 e il 18 marzo 1938,
l'aviazione italiana sganciò su Barcellona 44 tonnellate di bombe.
Sui giornali italiani si enfatizzavano questi bombardamenti, anche se
per evitare proteste internazionali, in un primo tempo, venivano attribuiti
all'aviazione di Franco e non in maniera esplicita a quella italiana,
che utilizzava in genere bombardieri senza contrassegni nazionali, ma
il ruolo degli aviatori italiani e l'importante contributo dell'Italia
alla vittoria di Franco diventarono poi uno degli argomenti principali
della propaganda fascista per esaltare le doti guerriere del nostro paese
e l'importanza dell'arma aerea nelle guerre del futuro. Dopo pochi anni
la guerra aerea arrivò in Italia, e furono i civili e le città
italiane a subire gli effetti devastanti della guerra totale profetizzata
da Douhet e voluta dal fascismo, solo che gli incrociatori corazzati volanti
che dominavano il cielo non erano italiani, ma americani e inglesi.
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