Enrico Sacchetti, Robes et femmes
Paris, Librairie Dorbon-aîné (19, Boulevard Haussmann), 9 Juin 1913
BCABo, 10.q.II.76 (trasferito al GDS, cart. T, n. 289)
Provenienza: Fondazione Rusconi, 1921
La donna nella cultura agli inizi del XX secolo/1

La donna del primo Novecento è ancora erede della femme fatale del decadentismo e del simbolismo.
Malgrado il termine sia di derivazione francese, il primo esempio di femme fatale è la Fosca di Iginio Ugo Tarchetti (1869), ma simili eroine popolano i romanzi di Gabriele D'Annunzio, soprattutto quelli della prima trilogia della 'rosa': dal Piacere (1889) all'Innocente (1892), al Trionfo della morte (1894), in cui la donna è costantemente la nemica che si oppone ai sogni eroici dei protagonisti, peraltro assai sensibili al corteggio estetizzante di abiti, stoffe, accessori di lusso. La nominazione è esplicita e consapevole fin dall'inizio:

Il mercoledì d'ogni settimana Andrea Sperelli aveva un posto alla mensa della marchesa. Un martedì a sera, in un palco del Teatro Valle, la marchesa gli aveva detto, ridendo: - Bada di non mancare, Andrea, domani. Abbiamo tra gli invitati una persona interessante, anzi fatale. Premunisciti però contro la malia ... Tu sei in un momento di debolezza. Egli le aveva risposto, ridendo: - Verrò inerme, se non ti dispiace, cugina; anzi in abito di vittima. È un abito di richiamo, che porto da molte sere; inutilmente, ahimè! - Il sacrificio è prossimo, cugino mio. - La vittima è pronta.
[…] Il conte intravide una figura alta e svelta, un'acconciatura tempestata di diamanti, un piccolo piede che si posò sul gradino. Poi, come anch'egli saliva la scala, vide la dama alle spalle. Ella saliva d'innanzi a lui, lentamente, mollemente, con una specie di misura. Il mantello foderato d'una pelliccia nivea come la piuma de' cigni, non più retto dal fermaglio, le si abbandonava intorno al busto lasciando scoperte le spalle. Le spalle emergevano pallide come l'avorio polito, divise da un solco morbido, con le scapule che nel perdersi dentro i merletti del busto avevano non so qual curva fuggevole, quale dolce declinazione di ali; e su dalle spalle svolgevasi agile e tondo il collo; e dalla nuca i capelli, come ravvolti in una spira, piegavano al sommo della testa e vi formavano un nodo, sotto il morso delle forcine gemmate. Quell'armoniosa ascensione della dama sconosciuta dava agli occhi d'Andrea un diletto così vivo ch'egli si fermò un istante, sul primo pianerottolo, ad ammirare. Lo strascico faceva su i gradini un fruscìo forte.
(G. D'Annunzio, Il piacere, libro I, cap. II)


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