Archivio del Comitato per Bologna Storica e Artistica

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Fotografia (gelatina a sviluppo), 256x202 mm. BCABo, GDS, Fotografie Bologna, n. 1041

Facciata di Palazzo Re Enzo dopo il restauro di Alfonso Rubbiani (1905), che la liberò dalle parti murarie addossate nel tempo a nascondere l'originaria struttura gotica. Furono ricostruite due trifore sovrastate da aperture ad arco e venne inventato il coronamento di una merlatura, di cui alcuni, tra cui Giuseppe Ceri, contestarono l'originaria esistenza. La parte sinistra del Palazzo continua ancora, all'epoca, nel fabbricato comprendente il Voltone della Corda, posto in angolo con la via Mercato di Mezzo, che delimitava un'area demolita poi tra il 1910 e il 1918, dando seguito a quanto disposto dal Piano Regolatore del 1889. Sulla destra nessun intervento è ancora stato effettuato sull'attiguo Palazzo della Rota, né sul fianco del Palazzo del Podestà.

Riproduzione fotografica (gelatina a sviluppo) di una cartolina, 256x202 mm. BCABo, GDS, Fotografie Bologna, n. 1032 05

Dopo un'ampia e vivace discussione pubblica, nel 1909 si diede corso al progetto di atterramento del Palazzo della Rota (presentato da Alfonso Rubbiani l'anno prima) iniziando le demolizioni sui fianchi di Palazzo Re Enzo, dove furono rifatte le aperture e la merlatura lungo i lati maggiori. Nel 1910 fu distrutta la facciata e l'ala retrostante del seicentesco palazzo della Rota - destinato un tempo ad ospitare i Giudici delle cause civili - e due anni più tardi fu realizzato un cortile diviso dalla piazza da una quinta di mattoni non molto alta. Rubbiani aveva sostenuto le ragioni dell'abbattimento ritenendo l'edificio "privo di ogni valore storico e privo di un'organica architettura": la facciata, che avrebbe dovuto essere rivestita almeno parzialmente a bugnato, per continuare organicamente la decorazione e le aperture del fianco del palazzo del Podestà, era rimasta sempre incompiuta. Aspro fu comunque il dibattito intorno alla realizzazione della merlatura (ne fu montata una "prova" su un angolo del Salone del Podestà). Essa venne infine realizzata nella ricostruita loggia di collegamento fra i due edifici, ma non nel cortile del Palazzo del Podestà, come insistentemente Rubbiani richiese nel suo ultimo anno di vita (1913).

Fotografia (gelatina a sviluppo), 228x17.0 BCABo, GDS, Foto Bo n. 1398

La loggia di collegamento fra Palazzo Re Enzo e il Palazzo del Podestà viene ripresa frontalmente in un momento successivo ai restauri (1908-1913). A giudicare dalla scritta che campeggia sopra l'ingresso, "Ricostruzione europea", nonché dai modelli delle automobili che vi sono parcheggiate davanti, la fotografia è stata scattata in un periodo immediatamente successivo alla fine della Prima Guerra Mondiale. La vistosa merlatura che incorona la loggia, di cui Alfonso Rubbiani sostenne vigorosamente le ragioni, è conformata come quella del Palazzo degli Strazzaroli o del Palazzo Comunale. Ciò scatenò le ire di chi, come Giuseppe Bacchelli (padre dello scrittore Riccardo), sosteneva che i merli non erano mai esistiti. Le opinioni restarono discordi, tanto che l'ultima proposta di Rubbiani (1913) per il coronamento a merli del Cortile del Palazzo del Podestà non fu accettata.

Fotografia all'albumina, 202x264. BCABo, GDS, Fotografie Bologna n. 1376

L'immagine antecedente i restauri di Rubbiani (1908-1913) mostra l'aspetto del Palazzo del Podestà in angolo con il Palazzo della Rota. La Piazza Maggiore e quella del Nettuno sono occupate dalle bancarelle del mercato delle erbe, che vi si tenne da quando fu costruita nel Medioevo fino al 1877. Esso fu quindi trasferito da Piazza Maggiore in parte al prato di San Francesco e in parte nella Seliciata di Strada Maggiore (poi Piazza Aldrovandi), mentre i banchi che non vendevano generi alimentari trovarono posto in piazza VIII Agosto e daranno vita alla Piazzola.

Bologna, N. Zanichelli, 1906. Collocazione Tanari 2.35

Sulla copertina di questa copia, purtroppo rovinata da umidità, spicca la dedica di Rubbiani al marchese Tanari: "Al Marchese Giuseppe Tanari per omaggio e con affetto. A. Rubbiani".

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