Lettera di Andrea Costa a Giosue Carducci,
Rimini, 8 agosto 1872
Biblioteca di Casa Carducci, CART. XXXVI,
54, 10235
Professore stimatissimo
A ringraziarla della magnifica spedizione e del dono gentile non
ho parole che valgano. Gli amici romagnoli vanno pazzi di quel vigliacchi laggiù
in fondo, nel quale, a lor vedere, si comprendono gl'insulti i
più feroci.
Fra 20 giorni incirca i fratelli di Romagna porteranno al cimitero
la lapide: perché il Poeta della Rivoluzione non potrebb'essere
con noi a dire dei nostri dolori quand'ei non può dire
delle gioie nostre vittorie?
E con lor sarà un vate radioso
nella fronte divina...
Son cose belle dell'avvenire; ma il Poeta, che non può
partecipare alle danze deve ben essere ai funerali; quando le
culle tacciono, parlano le tombe.
Ho letto il suo bel librino vagando per la spiaggia: soffiava
un libeccio forte: il mare mugghiava, le onde si accavallavano
l'una sull'altra e correvano e correvano alla terra col furore
di un drappello di soldati, che monti alla carica; ma io sereno,
sereno della serenità di Olimpo, che spira da' suoi bellissimi
versi.
Grazie, Professore, grazie: se Ella mi avesse a scrivere altre
volte, la prego, la scongiuro a non darmi del Lei mai più
perché ci soffro. Io non farò mai altrettanto: per
darle del tu, dovrei [c]orrere sino a raggiungerla.
Pensi, Professore; ma io le voglio tanto bene, che per amore ella
deve perdonare al suo aff.mo
Andrea
Rimini, 8 Agosto 1872