Storia
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Antonio Baldacci
nacque a Bologna il 3 ottobre 1867, da Alessandro e da
Maria Ronzani. La famiglia comprendeva oltre ad Antonio
altri sette figli: Giovanni, Luigi, Annibale, Anna, Elena,
Margherita e Virginia.
Antonio intraprese gli studi ginnasiali presso il "Ginnasio
di Bologna pareggiato ai regi" (in seguito Liceo-ginnasio
"L. Galvani"), conseguendo nel 1884 il relativo diploma.
Furono suoi amici e compagni di studi Alfredo Trombetti
(poi glottologo e docente presso l’Università degli
studi di Bologna) e Rinaldo Saffi, figlio di Aurelio.
Sviluppò assai precocemente un vivo interesse per la
botanica e per la situazione politico-economica dei paesi
dell’area balcanica.
Il primo viaggio in Montenegro fu tentato da Antonio
Baldacci nel 1885, a diciassette anni. L’anno
successivo, nel corso del suo secondo viaggio, conobbe il
barnabita e diplomatico vaticano padre Cesare Tondini De'
Quarenghi, che lo presentò al principe Nicola del
Montenegro.
Baldacci intraprese gli studi di veterinaria nel 1887
presso l’Università di Bologna, sotto la guida del
botanico Federico Delpino e di Girolamo Cocconi.
I viaggi in Montenegro e, successivamente, anche in
Albania, Epiro e Creta, finanziati inizialmente dalla
vendita di raccolte di piante essiccate ad istituti
scientifici italiani e stranieri (Vienna, Budapest, Parigi,
Ginevra, Berlino, Leningrado) e finalizzati principalmente
agli studi di botanica, continuarono durante gli anni degli
studi universitari, anche grazie al sostegno e alla fiducia
accordati al giovane studioso da Francesco Crispi, ministro
degli Affari esteri, e da Giorgio Millelire, console
italiano a Prevesa e poi a Janina. Durante il viaggio del
1891 Baldacci conobbe il geografo tedesco Kurt Hassert, di
cui divenne collaboratore ed amico.
Dopo la laurea in "Zooiatria", conseguita il 27 giugno
1891, il prof. Federico Delpino lo volle come assistente
presso l’Istituto botanico, dove rimase fino al 1902
con i successivi titolari della cattedra, Oreste Mattirolo
e Fausto Morini.
Del 1897 è la prima missione di carattere diplomatico
affidata a Baldacci con incarico governativo: il ministro
degli Affari esteri Emilio Visconti-Venosta lo inviò
infatti a Vienna, Berlino e San Pietroburgo.
La Società geografica italiana, che già nel 1891 aveva
affidato a Baldacci l’incarico per la redazione di
articoli da pubblicare sul proprio "Bollettino", dal 1894
(anno in cui egli divenne membro ordinario) iniziò a
sovvenzionarne le spedizioni scientifiche mediante sussidi
economici.
Nel 1902 fu coordinatore della "Prima missione scientifica
italiana nel Montenegro", finanziata dal ministro della
Pubblica Istruzione, on. Nunzio Nasi, cui parteciparono
anche Dante Vaglieri, ispettore agli Scavi e ai monumenti e
addetto al Gabinetto del ministro, Ugo Vram
dell’Istituto antropologico di Roma, Alessandro
Martelli dell’Istituto geologico di Firenze, Luigi
Santagata, fisico e naturalista, Annibale Baldacci,
agronomo (fratello di Antonio).
Con il viaggio del 1904 si conclude, nella vicenda
biografica di Baldacci, l’epoca dei viaggi
avventurosi e dei maggiori risultati da lui ottenuti nel
campo delle ricerche botaniche: le piante raccolte furono
circa centomila, in parte di specie e varietà allora
sconosciute (tra cui la Wulfenia Baldaccii, il
Verbascum Baldaccii Degen e la Forsythia europaea
Degen et Baldaccii, che da lui presero il nome), e
numerosissimi furono gli articoli pubblicati su riviste
quali "Malpighia", "Nuovo Giornale Botanico Italiano",
"Oesterreichische Botanische Zeitschrift" (Vienna),
"Bulletin de l’Herbier Boissier" (Ginevra).
Nell’ambito degli studi e degli interessi per
l’area balcanica la Romania costituì oggetto di
grande interesse per Baldacci, sotto l’aspetto
etnografico, storico e politico; collaborò con il rumeno
Costantin Burileanu, scrivendo la prefazione alla sua opera
I Romeni d’Albania (1905), e con Nicolò Tacit,
ispettore delle scuole rumene d'Albania, Macedonia ed
Epiro.
Le spedizioni in area balcanica non ebbero tuttavia un
carattere esclusivamente scientifico, essendo collegate con
l’attività di promozione degli interessi nazionali
italiani in area balcanica e con la ricerca di nuove
opportunità per instaurare rapporti commerciali tra
l’Italia ed il Montenegro.
Baldacci intraprese con i fratelli Giovanni e Luigi, tra i
primi anni del sec. XX e il primo conflitto mondiale,
alcune iniziative imprenditoriali, finanziarie e
commerciali (commercio di legnami, prodotti caseari, pelli,
tabacco, ricerca di capitali e intermediazioni
finanziarie), anche grazie alle relazioni stabilite con
alti funzionari montenegrini, in particolare Slavo
Ramadanovi.
Il fratello Giovanni divenne "Agente" della "Regia
cointeressata dei tabacchi del Montenegro", società di cui
Giuseppe Volpi fu il principale promotore e finanziatore.
Si ricordano inoltre i rapporti instaurati con uomini
d’affari e imprenditori quali Giorgio Cini e il
figlio Vittorio, Eusebio Piella del "Banco di Sconto
Eusebio Piella" di Casteggio, il direttore
dell’"Agenzia Commerciale di Belgrado" Mitrovich, G.
Massone, Max Meyer (titolare dell’omonimo
colorificio), Antonio Cerruti (del "Lanificio Cerruti" di
Biella), oltre che con alcuni imprenditori e ditte
bolognesi: Stanislao Cobianchi, produttore dell'Amaro
Montenegro, la ditta Buton, il Pastificio Luigi Bertagni,
la ditta produttrice di salumi Fratelli Lanzarini (molto
più tardi sono invece i rapporti con Scipione Innocenti,
fondatore della S.A.S.I.B., e con Bruno Righi).
Baldacci aveva proseguito la propria carriera accademica
conseguendo nel 1889 la libera docenza in Botanica presso
l’Università di Bologna e nel 1901 in
Geografia.
Il 7 marzo 1896 si unì in matrimonio con Carola (detta
"Carolina") Morelli, dalla quale ebbe in seguito
un’unica figlia, Laura.
Nel 1902 lasciò l’Istituto botanico
dell’Università di Bologna per assumere
l’incarico per l’insegnamento della Geografia
politica e coloniale presso la Scuola diplomatico-coloniale
annessa all’Università di Roma.
Durante i periodi trascorsi nella capitale ebbe intense
frequentazioni, oltre che con funzionari ministeriali e
ambienti politici romani, anche con alcuni artisti ed
intellettuali, quali Gabriele D’Annunzio, i pittori
Giulio Aristide Sartorio e Francesco Paolo Michetti, il
pittore e scultore Costantino Barbella.
Tra il 1905 e il 1908 svolse alcuni studi a carattere
etnografico e politico-sociale in Calabria, Molise e
Sicilia, su incarico del Ministero dell’Istruzione
pubblica (in particolare lo studio sulla questione silana
pubblicato con il titolo Per la Sila, 1906). Dal
1904 iniziò a svolgere incarichi di ispettore e commissario
alle sessioni d’esame in diversi istituti scolastici
dell’Italia centrale e meridionale.
Nel 1907 Baldacci ottenne la nomina a vice-direttore
dell’Orto botanico e giardino coloniale di Palermo,
ruolo tuttavia quasi solamente nominale, poiché la sua
presenza in sede fu di fatto sempre saltuaria. Nel
frattempo aveva instaurato rapporti di collaborazione con
il Ministero dell’Interno, in particolare con la
Direzione generale di Pubblica Sicurezza per "servizi
straordinari nel Montenegro", di natura riservata, che
consistevano principalmente in missioni nell’area
balcanica finalizzate all’invio di relazioni sulla
situazione politica ed economica locale (che venivano poi
trasmesse al ministro degli Affari esteri, Guicciardini),
nella costruzione di una rete di informatori locali e nello
svolgimento di incontri a carattere politico-diplomatico. A
tali attività, che in particolare nel periodo del primo
conflitto mondiale si configurarono come veri e propri
servizi di intelligence, partecipavano anche i
fratelli Giovanni e Luigi.
Si ricordano in particolare le missioni nel Kossovo
ordinate all’epoca del ministero Guicciardini
(1910-1912) e, su incarico del ministro degli Esteri
Antonino Di Sangiuliano, la missione in Albania finalizzata
alla preparazione da parte dell’Italia della forma
statale del paese (1912-1914), seguita nel 1914 dalla
nomina ad organizzatore dei servizi pubblici per le miniere
e foreste su richiesta del nuovo stato albanese, compito
ben presto interrotto a causa dell’imminente
conflitto.
Nel 1916 Baldacci fu nominato dal Ministero della Marina
consulente civile della Ia Divisione navale e
coordinatore degli informatori speciali a Valona, con il
grado di capitano di corvetta, a disposizione
dell’ammiraglio Enrico Millo di Casalgiate (incarico
conclusosi nel giugno dell’anno successivo).
Nel periodo postbellico si ricordano l’attività come
ispettore generale del Lloyd Triestino sulla piazza di
Roma, di direttore interinale dell’Agenzia generale
di Roma ed infine di dirigente del Servizio di Pubblicità
nel Regno per il medesimo Lloyd (1919-1920).
All’inizio del 1918 Baldacci divenne capogruppo della
Sezione Coloniale presso l’Ufficio storiografico
della mobilitazione (operante tra il 1916 e il 1921 sotto
la direzione di Giovanni Borelli), ove collaborò con
personalità come Giuseppe Prezzolini, Matteo Bartoli,
Gioacchino Volpe.
Partecipò al movimento fiumano e tra il 1921 e il 1922
stabilì intensi e frequenti contatti con Gabriele
D’Annunzio e personaggi a lui vicini, come il
segretario particolare del "Comandante", Italo Rossignoli,
ed Eugenio Coselschi, allo scopo di organizzare
un’azione militare sulle coste del Montenegro
finalizzata a promuovere un’azione separatista
interna per l’indipendenza del paese.
Baldacci si interessò attivamente alla vicenda del
Montenegro, che nel 1918 fu unito al Regno dei Serbi,
Croati e Sloveni, già dal 1916, quando il re Nicola I e il
governo in esilio si stabilirono a Parigi. Utilizzando le
proprie conoscenze e le relazioni intessute nel mondo
politico italiano, si fece promotore instancabile della
causa dell’indipendenza montenegrina presso le più
alte cariche dello stato e partecipò alla fondazione di
diversi Comitati, nati in poco tempo nelle principali città
italiane. A questa causa egli si dedicò quasi
esclusivamente fino al 1925 circa, attivando una rete di
collaborazione con il comitato di Milano (segretario
Vittorio Mazzotti), il Comitato provinciale leccese
(facente capo al Comité international pour l'indépendance
du Monténégro di Ginevra e coordinato da Fortunato
Capuzzello), il Comitato nazionale per l’indipendenza
e la libertà del Montenegro di Firenze (segretario politico
Pietro Spalek), il Comitato genovese pro-indipendenza del
Montenegro (diretto dal comm. Cesare Gotusso).
A Bologna ebbe sede il Comitato regionale
emiliano-romagnolo per l’indipendenza del Montenegro,
nato nel 1921, poi divenuto Comitato centrale nel 1922 con
la denominazione di "Comitato italiano per
l’indipendenza del Montenegro", di cui Baldacci
divenne presidente nel 1922.
Costanti furono anche i collegamenti con l’attività
dei Comitati sorti all’estero, come il Comitato
internazionale per l’indipendenza del Montenegro di
Ginevra, di cui era segretaria generale Marie Rusiecka, e
con diverse personalità indipendentiste quali il
giornalista e scrittore Alex Devine, l’architetto
newyorchese Whitney Warren, il generale Fred E. Burnham,
presidente della White Cross del Canada, René Claparède
(membro del Bureau international pour la défense du droit
des peuples di Ginevra), il finanziere americano di origini
italo-montenegrine Luigi Criscuolo, conte d’Antivari,
residente a New York.
Baldacci fu tra i protagonisti di una vasta campagna
condotta attraverso conferenze, articoli su riviste
(principalmente "Adriatico nostro", diretta da Ercole
Arturo Marescotti) e quotidiani a diffusione nazionale,
spettacoli ed iniziative per la raccolta di fondi,
partecipando anche all’organizzazione per la
produzione e diffusione del film Non c’è
resurrezione senza morte (1922); fu per lungo tempo in
stretti contatti di amicizia e di affari con ex-funzionari
del governo montenegrino e con numerosi esuli, tra cui:
Vladimir Popović, ex ministro montenegrino, Giovanni
Čubranović (italianizzato in Giovanni
Ciubranovich), Krsto Nicović, autore di scritti sul
corporativismo fascista, stabilitosi a Ferrara, il
colonnello Krsto Martinović, rifugiato nella
Repubblica di San Marino.
Dal 1925 Baldacci si dedicò soprattutto all’Albania,
non solo con la produzione autonoma di studi e
pubblicazioni ma, a partire dal 1928, anche attraverso
collaborazioni di ambito scientifico e politico con la
Banca d’Albania, con la S.V.E.A. (Società per lo
sviluppo economico dell’Albania), con
l’I.P.E.O. (Istituto per l’Europa orientale,
che ebbe come principale promotore Amedeo Giannini). Nel
corso della collaborazione con l’I.P.E.O. Baldacci
venne in contatto con l’irredentista dalmata e
pubblicista Oscar Randi e con lo slavista Ettore Lo
Gatto.
Nel 1925 divenne presidente del Consiglio di
amministrazione della Società di mutuo soccorso Fratellanza
militare italiana Vittorio Emanuele III di Bologna e nel
1931 riuscì, a seguito di trattative e richieste
d’appoggio a funzionari albanesi iniziate già dal
1926, ad essere nominato da re Zogu I console generale
onorario d’Albania in Bologna, incarico onorifico di
rappresentanza la cui attività si concretizzò più che altro
nell’assistenza ai numerosi studenti albanesi
iscritti all’Università di Bologna; tale carica venne
a cessare nel 1939 dopo l’unione dell’Albania
alla corona italiana.
Nel 1940 iniziarono la collaborazione con il Centro studi
Albania presso l’Accademia d’Italia (che nel
1942 lo chiamò a far parte del Consiglio direttivo) e con
l’Istituto di studi albanesi di Tirana (di cui
Baldacci divenne membro per decreto del Luogotenente
generale in Albania, Francesco Jacomoni). Fu inoltre
nominato consulente culturale della Luogotenenza generale
in Albania; l’incarico cessò nel 1943, a motivo
dell’occupazione dell’Albania da parte delle
truppe tedesche.
Nel dopoguerra Baldacci continuò ad interessarsi alle
questioni politiche italiane ed internazionali, in
particolare a quelli che in una conferenza del 1947 definì
come "gli aspetti geopolitici del problema
adriatico-balcanico", inviando lunghe lettere non solo ai
propri corrispondenti di vecchia data, ma anche a
personalità quali il maresciallo Harold Alexander, il
maresciallo Tito, Enver Hoxha, il colonnello Harold
Stevens, l’ammiraglio E. Stone (capo della
Commissione alleata, a Roma), Winston Churchill, Ivanoe
Bonomi, Alcide De Gasperi, Francesco Saverio Nitti,
Ferruccio Parri, l’"Uomo qualunque" Guglielmo
Giannini.
Dal 1946 e fino agli ultimi mesi di vita Baldacci si
orientò verso nuovi e particolari ambiti di studio: egli si
occupò infatti dei paesi del nord-Europa (Svezia,
Groenlandia, Islanda), soprattutto sotto l'aspetto
geologico, economico, culturale e del sistema
dell’istruzione, intrattenendo un’intensa
corrispondenza con studiosi svedesi e danesi.
Rimangono di lui circa 250 pubblicazioni, tra articoli
apparsi in riviste e opere in volumi (tra cui si ricordano
le opere principali: Itinerari albanesi, Roma,
Società Geografica Italiana, 1917; L’Albania,
Roma, Istituto per l’Europa Orientale, 1929;
Scritti Adriatici I, Bologna, Compositori, 1943), le
bozze dell’opera inedita Leonardo da Vinci e il
mondo delle piante, il ricchissimo archivio e la
biblioteca personali, le collezioni di piante conservate in
musei italiani e stranieri.
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