Collocazione: GDS, Raccolta disegni di autori vari, cartella 16, n. 11

Si apre la "causa lunga"
Quello che si aprì nella tarda mattinata di martedì 26 aprile 1864 davanti alla Regia Corte di Assise del Tribunale di Bologna è considerato dagli storici come il primo processo istruito nell'Italia da poco unita sotto i Savoia contro un'associazione malavitosa organizzata. A stupire, di quel processo, sono i numeri: 110 imputati; ventitré capi d'accusa diversi, ma tutti riconducibili alla medesima organizzazione criminale; sei mesi ininterrotti di lavori, all'interno dei quali si tennero 211 interrogatori di imputati e 548 deposizioni di testimoni. Inutile parlare dell'enorme interesse che il processo generò in tutta l'Italia, tanto che i più importanti quotidiani nazionali mandarono a seguirlo dei propri corrispondenti. Fu però il giornale bolognese «Gazzetta delle Romagne» a svolgere la parte del leone nel campo dell'informazione, pubblicando giorno per giorno il resoconto stenografico di tutto il processo in 293 fascicoli. Gli imputati erano talmente tanti che l'aula del tribunale dove si svolgevano solitamente i processi non era in grado contenerli tutti, per cui fu necessario spostare il dibattimento in un luogo più ampio. La scelta cadde sulla Sala d'Ercole, al piano nobile del palazzo Comunale.

GLI ATTI DEL PROCESSO

Collocazione: GDS, Raccolta disegni di autori vari, cartella 16, n. 11

Il primo giorno si procedette alla nomina della giuria popolare che doveva assistere i giudici. L'operazione avvenne, però, non senza difficoltà, in quanto la maggior parte dei cittadini prescelti come giurati aveva fatto pervenire alla corte le più svariate motivazioni di rinuncia. In realtà era stata la paura a condizionare tale comportamento: pare, infatti, che molti di loro avessero ricevuto minacce personali da parte di sconosciuti. Dopo qualche difficoltà per raggiungere il numero di trenta giurati, tra questi si estrassero i nomi dei quattordici che avrebbero effettivamente composto la giuria (dodici ordinari e due supplenti). Nei giorni seguenti, dal 27 al 30 aprile, il Pubblico Ministero lesse i ventitré, lunghi e particolareggiati, capi d'imputazione, per cui solo la settimana seguente, martedì 3 maggio, il processo entrò nel vivo con i primi interrogatori degli imputati.
Dalla «Gazzetta delle Romagne»: La folla che ingombra gli atrii e le scale del palazzo è oggi maggiore degli scorsi giorni; la forza pubblica a stento può guardare le porte e mantenere l'ordine che non viene però menomamente turbato. Le gallerie, e la sala riboccano di uditori attratti dallo speciale interesse che ha l'attuale seduta in cui sapevasi dover aver luogo l'interrogatorio degli accusati.

Disegno dell'aula del tribunale tratta da: Relazione dei dibattimenti seguiti davanti la R. Corte d'Assisie in Bologna nella causa di associazione di malfattori e reati diversi contro cento dieci imputati, pubblicata a cura della direzione della «Gazzetta delle Romagne», Bologna, Tipografia Fava e Garagnani al Progresso, 1864. Collocazione: A IV. M. V. 6

Dalla «Gazzetta delle Romagne» del 27 aprile 1864:
Vicino alla statua d'Ercole, che fu coperta, venne collocato il banco della presidenza componente un emiciclo coi tavoli dei giudici ordinari e supplenti, del Pubblico Ministero e della gratuita clientela. Davanti lo scanno presidenziale e precisamente nell'emiciclo trovasi il tavolo occupato dai segretarii. A destra della Corte restano collocati i banchi dei giurati messi in doppia fila, a sinistra siedono gl'imputati sopra cinque scanni a foggia di scala chiusi da spranghe di ferro. (verrà detto il "gabbione") In prospetto alla corte stanno i difensori, più in fondo i posti destinati ai testimoni e le persone munite di speciale biglietto. I luoghi destinati al pubblico sono di due specie, l'uno di libero accesso, l'altro di accesso privilegiato consistenti questi in tre ampie tribune, una delle quali destinata alle signore. Il servizio militare è prestato dalla Guardia Nazionale e da un battaglione di linea, l'aula è guardata dai RR. Carabinieri, e dalle guardie di pubblica sicurezza [...]. Occupa il seggio presidenziale l'avv. cav. Raffaele Feoli, ha alla sua destra il consigliere giudice avv. Zambelli Pietro, alla sinistra il consigliere giudice avvocato Vitali Fabio; giudici supplenti sono gli avvocati Carpi cav. Francesco, Moy Odoardo. Il Pubblico Ministero è rappresentato dai sostituti procuratore generale cav. avv. Montessoro, ed avv. cav. Pizzoli. L'ufficio dei poveri è rappresentato dai sostituti avv. M. Oppi ed avv. Madon difensori d'ufficio. Al banco della difesa stanno gli avvocati Filippi, Ghillini. Garagnani e Torchi.

Collocazione: GDS, Stampe per soggetto, cartella L, n. 142

I 23 capi d'accusa

Collocazione: A IV. M. V. 6

Elenco dei 110 imputati

All'apertura del processo, il 26 aprile 1864, gli imputati dal numero 1 al 105 si trovavano già detenuti in carcere; quelli dal numero 106 al 110 erano invece latitanti. L'imputato numero 108, Vincenzo Cristiani, dapprima latitante, verrà arrestato durante lo svolgimento del processo. Gli imputati numero 56 (Pini) e 72 (Tugnoli) moriranno in prigione prima dell'apertura del dibattimento. Di ogni imputato è indicato il nome (nonché, in corsivo, l'eventuale soprannome col quale era conosciuto), il luogo di nascita, l'età al momento dell'apertura del processo e la professione ufficialmente esercitata.

Collocazione: Fondo speciale Carte Pizzoli Tabboni

Il capitano Salvagnoli, comandante dei Carabinieri Reali che svolsero il servizio di sorveglianza nella sala d'Ercole durante lo svolgimento del processo.

Collocazione: Fondo speciale Carte Pizzoli Tabboni

L'avvocato Giorgio Pizzoli (1833-1874), fu uno dei due pubblici ministeri durante il processo. Seguirà anche cause analoghe contro gruppi di malfattori di Pesaro e Imola. In quel periodo Pizzoli era consigliere comunale a Bologna, mentre nel 1870 sarà eletto deputato.

Collocazione: Fondo speciale Carte Pizzoli Tabboni

Raffaele Feoli (1811-1892), già eroe risorgimentale, era il giudice che presiedette la Corte d'Assise durante il processo.

Collocazione: GDS, Collezione dei ritratti, cartone P, n. 72

Per accedere alle tribune riservate costruite nella sala d'Ercole, dalle quali poter assistere al processo, era necessario essere in possesso di uno dei pochi, ambitissimi biglietti.

Collocazione: Fondo speciale Carte Pizzoli Tabboni, fascicolo 2.2, n. 1

Per accedere alle tribune riservate costruite nella sala d'Ercole, dalle quali poter assistere al processo, era necessario essere in possesso di uno dei pochi, ambitissimi biglietti.

Collocazione: Fondo speciale Carte Pizzoli Tabboni, fascicolo 2.2, n. 1

Collocazione: Venturini A. 321

Dalla Cronaca di Bologna di Enrico Bottrigari dell'ottobre 1864: Durante i dibattimenti, che durarono circa sei mesi, una cosa particolarmente muoveva allo sdegno; il vedere cioè ogni giorno popolate le tribune riservate da molte Signore e Signorine cui questo brutto dramma criminale serviva a diletto, molte delle quali non si stancavano di puntare i loro binoccoli verso uno de' più grandi colpevoli, Pietro Ceneri, cui natura concesse forme leggiadre a contrasto dell'animo perverso. Accortosi costui dell'immorale curiosità, contraccambiava sfacciatamente e con una specie di compiacenza quegli sguardi ben poco lodevoli.

Collocazione: Venturini A. 321

Collocazione: Venturini A. 313

Collocazione: A IV. M. V. 6

La fine del processo

Dopo quasi sei mesi di lavori ininterrotti, la "causa lunga" si concluse con la condanna di tutti gli imputati eccetto sei di loro, che verranno assolti dalle accuse, tra cui Maria Mazzoni, l'unica donna. Furono comminati, complessivamente, svariate centinaia di anni di pena, tra cui undici condanne all'ergastolo, anzi, ai lavori forzati a vita, nonché una condanna alla pena di morte, che però non fu mai eseguita, in quanto il latitante Pio Bacchelli non sarà mai assicurato alla giustizia. Chiuso il processo e avviati i condannati in varie prigioni e bagni penali del Regno a scontare pene di cui spesso non riusciranno a vedere la fine, la pace sembrò tornare in città. A dire la verità, la delinquenza non scomparve del tutto nel bolognese, ma almeno non si verificarono più crimini così efferati ed eclatanti come era accaduto negli anni precedenti. Così Bottrigari nella sua Cronaca di Bologna del giorno 17 ottobre 1864 commenta la sentenza: Raccoltisi nella sera del 14 corrente alle 11 pomeridiane nella Sala delle loro deliberazioni, i Giurati nella grande Causa di Associazione di Malfattori e Reati diversi, non ne uscirono che stamane, 17, col loro verdetto su tutti i titoli della lunga e complicatissima causa che incominciò, come per me si disse, col giorno 26 aprile.

Collocazione: Venturini A. 2265

[...] Ottantadue erano gl'imputati per titolo di Associazione, tre de' quali, durante la compilazione del processo, o nel tempo della discussione, mancarono di vita [...] Il verdetto [...] dichiarò colpevoli dell'Associazione di cui sopra soli 72, quali capi o direttori di essa, o membri associati ed attivi, o come cooperatori e favoreggiatori con piena conoscenza di causa. Alcuni di essi, ma pochi, furono dichiarati rei alla sola maggioranza di sette voti. Sette sui 79, giudicabili, furono dichiarati incolpevoli dai Giurati col loro no opposto a relativo quesito. Questi sono: Dall'Olio Luigi, Gamberini Gaetano, Mazzoni Maria, Mignani Ferdinando, Panighetti Giulio, Tomba Ignazio e Torri Antonio. La Maria Mazzoni, in precedenza condannata a 10 anni di reclusione pel furto Parodi in Genova, nel sentirsi dichiarata incolpevole dell'imputatole reato, diede in un dirotto pianto. Fra i capi e direttori dell'Associazione sono per l'indicato verdetto giudicati i due fratelli Pietro e Giacomo Ceneri, quest'ultimo per soli 7 voti; Giulio Galanti, per voti 7; il Mariotti, il Paggi ed il Romagnoli per 7 voti egualmente, così finalmente lo Zucchi. [...]

Collocazione: Venturini A. 2265

Interrogati anche una volta i singoli accusati, tutti si proclamarono innocenti e soggetti ad ingiusto giudizio; alcuni fecero di più udire parole ingiuriose ed imprecazioni violentissime.
Andando a leggere con attenzione gli atti processuali, pero, può sorgere il sospetto che, tra le motivazioni ispiratrici del procedimento giudiziario, ce ne fossero anche altre, innanzitutto politiche. Caso vuole, infatti, che molti di coloro che furono riconosciuti come capi delle "balle" fossero stati tra i capipopolo più attivi nei vari tentativi che nei decenni precedenti si erano succeduti per liberare Bologna dal controllo pontificio. Costoro militavano, pero, nella frangia più estrema dei patrioti, quella democratica e repubblicana, erano garibaldini e mazziniani, quindi mal visti dal nuovo governo piemontese che, alla ricerca di pace e stabilita, cercava di sedare in tutti i modi gli animi politicamente più accesi.

Collocazione: 17. F. I. 2

Il nuovo processo

Il 30 aprile 1867, quasi tre anni dopo la chiusura della "causa lunga", sempre presso la Corte d'Assise di Bologna si aprì un nuovo processo contro 53 imputati, molti dei quali non avevano mai seduto sul banco degli imputati, che dovevano rispondere di venti capi d'accusa. Era successo che durante lo svolgimento del primo celebre processo contro le balle fossero emerse nuove testimonianze che andavano a coinvolgere nei reati commessi nuovi "malfattori", fino ad allora non raggiunti da ordini di cattura. I pubblici ministeri si rimisero così al lavoro e in breve tempo allestirono un nuovo processo che si chiuderà il 5 luglio del 1867 con nuove severe condanne. Anche questa volta, chi non poté assistere personalmente ai dibatti ebbe l'occasione di seguire il processo acquistando le 68 dispense di quattro pagine l'una che vennero stampate tutti i giorni.

Collocazione: 17. F. I. 3bis

Collocazione: 17. F. I. 3bis

Collocazione: 17. F. I. 3bis

Collocazione: 17. F. I. 3bis

Collocazione: 17. F. I. 3bis

Collocazione: 17. F. I. 3bis