Luci ed ombre
Bologna nel XVII secolo era una città di rango
europeo, per la sua prosperità produttiva,
commerciale, culturale, artistica. Alla base del fiorire
delle arti che la facevano conoscere come la città
artistica per antonomasia, la Felsina pittrice, stava la
ricchezza che le dava l’esportazione in tutta Europa
dei suoi veli di seta (bianchi per le feste e neri per i
lutti) e la fama ancora grande della sua Università, a
cui studenti delle estreme regioni dell’Europa nordica
e orientale, come delle Americhe, ancora accorrevano.
Le grandi carestie, le spaventose epidemie (come la
peste del 1630) non offuscavano ancora il suo volto di
città seconda solo a Roma nello Stato Pontificio.
La fine dell’Antico Regime
Nel Settecento giunse ad un punto di crisi il problema
secolare delle bonifiche, che vedeva il territorio
bolognese di pianura in vasta parte stabilmente
coperto da paludi e acquitrini e in altra parte
periodicamente minacciato dallo straripamento dei
fiumi. I numerosi tentativi di regolare il corso del Reno
videro lo scavo di un alveo artificiale del fiume, il Cavo
Benedettino, che lo collegò al letto ormai secondario
del Po di Primaro.
Il Settecento vide la conclusione dell’Antico Regime.
Simbolo del nuovo che avanzava e dell’antico che
resisteva fu l’inaudito tentativo del pontefice di
estendere le tasse sulla proprietà fondiaria con il
Catasto Boncompagni del 1780. La caduta dell’Antico
Regime all’arrivo dei Francesi di Napoleone Bonaparte
nel 1796 annullò il decreto di istituzione del catasto
generale e ritardò di fatto la sua applicazione ai primi
anni del secolo XIX, dopo l’entrata di Bologna nel
Regno d’Italia.