Stemmi del Comune, delle fazioni e delle
famiglie che ebbero la signoria della città, disegni a penna colorati,
secolo XVII
(BCABo, ms. Gozzadini 13, p. 1)
Nel XIV secolo, dopo che nel 1278 l'imperatore
Rodolfo d'Asburgo ebbe rinunciato alla signoria su Bologna e sulla
Romagna, la città entrò a far parte dello Stato della Chiesa;
le posizioni guelfe e popolari in città si radicalizzarono, dando
spazio alla supremazia personale di Romeo Pepoli, fra il 1299
e il 1321. Dopo un periodo di dominio del legato pontificio Bertrando
del Poggetto, dal 1335 Taddeo Pepoli rinnovò la signoria famigliare
ottenendo il riconoscimento del vicariato pontificio. I suoi figli
Giacomo e Giovanni cedettero però la città all'arcivescovo Giovanni
Visconti nel 1350 e fino al 1360 Bologna fu governata attraverso
rappresentanti del governo milanese. Gli organismi di governo
elettivi durante il periodo di soggezione milanese persero di
importanza, a favore di magistrati nominati dai signori, i rettori.
Il governatore pontificio Egidio Albornoz nel 1360 recuperò Bologna
alla Chiesa, che governò la città attraverso suoi rappresentanti
(governatori) fino al 1376. In quell'anno la rivolta della città
si espresse con il governo del popolo e delle arti. Questo era
guidato dal giurista e uomo politico Giovanni da Legnano, che
mirava a ottenere autonomia nell'ambito dello stato pontificio,
attraverso il recupero degli organi di autogoverno popolare e
l'ottenimento del vicariato pontificio. Il secolo si chiuse con
l'istituzione di una magistratura destinata ad avere un brillante
e longevo futuro, i Riformatori dello stato di libertà, organo
collegiale composto da esponenti delle più ricche e rappresentative
famiglie cittadine, che doveva far fronte, inizialmente in maniera
straordinaria e temporanea, a particolari situazioni di crisi.