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Una storia di solidarietà: i bambini di Vienna
a Bologna
Dicembre 1919 Bologna si apprestava a festeggiare il secondo
Natale di pace in un modo singolare e dal forte impatto
simbolico.
Le ferite e le difficoltà lasciate dalla guerra erano
ancora evidenti a Bologna, come nel resto dell'Italia, tuttavia
le condizioni erano nettamente migliori di quelle di Vienna
e, in generale l'Austria. Già durante il conflitto
gli Imperi centrali, e l'Austria in particolare, avevano
dovuto fronteggiare una drammatica carenza di beni di prima
necessità. Ad un anno dalla fine del conflitto la
situazione era ancora gravissima: la popolazione moriva
letteralmente di fame e si calcolava che la maggioranza
dei bambini viennesi non raggiungesse un terzo del peso
normale.
Consci di questa situazione e, desiderosi di superare le
divisioni della guerra con un gesto di solidarietà
che ricucisse le drammatiche lacerazioni prodotte fra le
classi popolari dei diversi paesi e unisse la città
di Bologna con la capitale viennese alla guida della quale
c'era ormai un'amministrazione socialista l'amministrazione
comunale bolognese avanza una concreta proposta di soccorso
rivolta ai cittadini più bisognosi dell'ex potenza
nemica. La città di Bologna avrebbe ospitato per
alcuni mesi alcune centinaia di bambini viennesi, scelti
fra i più poveri e denutriti. L'iniziativa parte
dall'assessore Mario Longhena, particolarmente attivo nel
promuovere iniziative socio-asssistenziali ed educative
rivolte ai bambini delle classi popolari e riscosse un certo
successo fra le altre amministrazioni socialiste italiane
e altre città, come Reggio Emilia e Ravenna aderirono
o, come Milano, adottarono progetti analoghi.
Il 23 dicembre 1919 partiva da Bologna una delegazione guidata
da Mario Longhena assessore comunale, da altri consiglieri
comunali bolognesi, da deputati dell'Emilia Romagna. Sul
treno 52 persone compresi 6 soldati più una delegazione,
separata, di 10 reggiani; insieme a loro maestre infermiere
e altro personale. Il viaggio, a bordo di un treno speciale
che dovette attraversare zone fino a pochi mesi prima teatro
di combattimenti e in condizioni atmosferiche difficili,
fu lungo e travagliato e l'arrivo a Vienna avvenne il 27
dicembre.
La delegazione venne accolta dal ministro della sanità
Tandler (medico ed esponente di un governo a maggioranza
socialista) e dal borgomastro di Vienna Reumann. La città
di Vienna stremata dalla guerra aveva necessità di
un soccorso immediato e questo era ben accetto anche se
proveniva da paesi, come l'Italia, ancora formalmente nemici.
A bordo del treno portavano vestiti, cibo, medicine e altri
generi di prima necessità per le principali e immediate
esigenze: le condizioni dei bambini austriaci erano tali
da richiedere un immediato intervento umanitario, ma lo
scopo della missione era portare a Bologna alcune centinaia
di bambini austriaci che, nei mesi successivi, sarebbero
stati ospitati in Italia.
Il 29 dicembre inizia il viaggio di ritorno da Vienna. Il
treno con a bordo la delegazione, 640 bambini e il personale
destinato ad assisterli arriva a Bologna il 1° gennaio.
Ad attenderli alla stazione molti cittadini in festa, le
autorità e le bande cittadine.
La prima tappa dei piccoli austriaci sarà lo stabilimento
di via Galliera per il bagno, successivamente inizierà
lo smistamento in varie strutture. A Bologna rimasero inizialmente
circa 365 bambini, mentre altri vennero subito ospitati
da Reggio Emilia e Ravenna. A Bologna la maggior parte dei
bimbi (290) sarà ospitata nella colonia di Casaglia,
mentre una quota troverà alloggio nell'ospizio dei
Settuagenari in via Spartaco. Circa 24 saranno ospitati
da famiglie.
Successivamente 20 andranno a Imola fino ad aprile ospiti
delle società operaie, 20 a Calamosco e 20 a Monte
Donato, 10 bambine a pagamento nel collegio di Santa Marta
e 10 ragazzi un po' più grandi nell'orfanotrofio,
10 a Budrio.
A Casaglia ne rimanevano ospitati 220 ai quali si aggiunsero
60 bambini poveri bolognesi.
"Così cadeva una delle tante accuse - scrive
Longhena - che furono lanciate in quei giorni contro la
nostra opera: si disse che prodigavamo aiuti agli estranei,
mentre da noi tanto grande era il bisogno."
I bimbi vissero quindi a Casaglia, accuditi da 32 persone
fra maestre e bidelle che vivevano con loro e che, per decisione
della giunta, ebbero un salario aumentato, fino all'aprile
del 1920 ricevendo, il 24 febbraio la visita, sempre debitamente
raccontata sulla rivista, del viceborgomastro di Vienna.
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