Una storia di solidarietà: i bambini di Vienna a Bologna

         

"La vita cittadina",
gennaio 1920

"La vita cittadina",
febbraio 1920

"La vita cittadina",
aprile 1920

"La vita cittadina",
agosto 1920

"La vita cittadina",
novembre-dicembre 1920

Dicembre 1919 Bologna si apprestava a festeggiare il secondo Natale di pace in un modo singolare e dal forte impatto simbolico.

Le ferite e le difficoltà lasciate dalla guerra erano ancora evidenti a Bologna, come nel resto dell'Italia, tuttavia le condizioni erano nettamente migliori di quelle di Vienna e, in generale l'Austria. Già durante il conflitto gli Imperi centrali, e l'Austria in particolare, avevano dovuto fronteggiare una drammatica carenza di beni di prima necessità. Ad un anno dalla fine del conflitto la situazione era ancora gravissima: la popolazione moriva letteralmente di fame e si calcolava che la maggioranza dei bambini viennesi non raggiungesse un terzo del peso normale.

Consci di questa situazione e, desiderosi di superare le divisioni della guerra con un gesto di solidarietà che ricucisse le drammatiche lacerazioni prodotte fra le classi popolari dei diversi paesi e unisse la città di Bologna con la capitale viennese alla guida della quale c'era ormai un'amministrazione socialista l'amministrazione comunale bolognese avanza una concreta proposta di soccorso rivolta ai cittadini più bisognosi dell'ex potenza nemica. La città di Bologna avrebbe ospitato per alcuni mesi alcune centinaia di bambini viennesi, scelti fra i più poveri e denutriti. L'iniziativa parte dall'assessore Mario Longhena, particolarmente attivo nel promuovere iniziative socio-asssistenziali ed educative rivolte ai bambini delle classi popolari e riscosse un certo successo fra le altre amministrazioni socialiste italiane e altre città, come Reggio Emilia e Ravenna aderirono o, come Milano, adottarono progetti analoghi.

Il 23 dicembre 1919 partiva da Bologna una delegazione guidata da Mario Longhena assessore comunale, da altri consiglieri comunali bolognesi, da deputati dell'Emilia Romagna. Sul treno 52 persone compresi 6 soldati più una delegazione, separata, di 10 reggiani; insieme a loro maestre infermiere e altro personale. Il viaggio, a bordo di un treno speciale che dovette attraversare zone fino a pochi mesi prima teatro di combattimenti e in condizioni atmosferiche difficili, fu lungo e travagliato e l'arrivo a Vienna avvenne il 27 dicembre.

La delegazione venne accolta dal ministro della sanità Tandler (medico ed esponente di un governo a maggioranza socialista) e dal borgomastro di Vienna Reumann. La città di Vienna stremata dalla guerra aveva necessità di un soccorso immediato e questo era ben accetto anche se proveniva da paesi, come l'Italia, ancora formalmente nemici. A bordo del treno portavano vestiti, cibo, medicine e altri generi di prima necessità per le principali e immediate esigenze: le condizioni dei bambini austriaci erano tali da richiedere un immediato intervento umanitario, ma lo scopo della missione era portare a Bologna alcune centinaia di bambini austriaci che, nei mesi successivi, sarebbero stati ospitati in Italia.

Il 29 dicembre inizia il viaggio di ritorno da Vienna. Il treno con a bordo la delegazione, 640 bambini e il personale destinato ad assisterli arriva a Bologna il 1° gennaio. Ad attenderli alla stazione molti cittadini in festa, le autorità e le bande cittadine.
La prima tappa dei piccoli austriaci sarà lo stabilimento di via Galliera per il bagno, successivamente inizierà lo smistamento in varie strutture. A Bologna rimasero inizialmente circa 365 bambini, mentre altri vennero subito ospitati da Reggio Emilia e Ravenna. A Bologna la maggior parte dei bimbi (290) sarà ospitata nella colonia di Casaglia, mentre una quota troverà alloggio nell'ospizio dei Settuagenari in via Spartaco. Circa 24 saranno ospitati da famiglie.
Successivamente 20 andranno a Imola fino ad aprile ospiti delle società operaie, 20 a Calamosco e 20 a Monte Donato, 10 bambine a pagamento nel collegio di Santa Marta e 10 ragazzi un po' più grandi nell'orfanotrofio, 10 a Budrio.
A Casaglia ne rimanevano ospitati 220 ai quali si aggiunsero 60 bambini poveri bolognesi.
"Così cadeva una delle tante accuse - scrive Longhena - che furono lanciate in quei giorni contro la nostra opera: si disse che prodigavamo aiuti agli estranei, mentre da noi tanto grande era il bisogno."
I bimbi vissero quindi a Casaglia, accuditi da 32 persone fra maestre e bidelle che vivevano con loro e che, per decisione della giunta, ebbero un salario aumentato, fino all'aprile del 1920 ricevendo, il 24 febbraio la visita, sempre debitamente raccontata sulla rivista, del viceborgomastro di Vienna.


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