logo

MOSTRE

"Bologna nei libri d'arte dei secoli XVI - XIX"

Indice

Premessa

L'esposizione mostra i principali esempi di editoria d'arte riguardante Bologna, appartenenti ai secoli XVI-XIX. I volumi, per lo più di grande formato, illustrano vari aspetti della città:
1. Cicli decorativi nei palazzi, 2. Cicli decorativi negli edifici religiosi, 3. Repertori di dipinti;4. Sculture e monumenti, 5. Monumenti funebri della Certosa;6. Facciate e interni di palazzi 7. Vedute della città, 8. Pubblicazioni celebrative

Molte di queste opere, che sono state scelte soltanto se dotate di un proprio titolo e di caratteristiche bibliografiche compatibili con la definizione di "edizione", risultano in effetti raccolte di stampe, per il valore preponderante che le immagini rivestono rispetto al testo, molto limitato o addirittura ridotto alle didascalie poste in calce alle illustrazioni.
Si tratta in gran parte di serie di incisioni realizzate in area bolognese ad acquaforte, a bulino o in litografia, dove ritroviamo i nomi di artisti che si distinsero nella stampa di traduzione, tra cui spiccano i nomi di Domenico Maria Bonaveri, Domenico Fratta, Giovanni Fabbri, Giovan Battista Frulli e Gaetano Canuti - forse il più grande divulgatore di affreschi bolognesi all'inizio dell'Ottocento - abili nel riprodurre la suggestiva resa delle immagini dipinte.
Il segno può farsi veicolo di un pastoso chiaroscuro di buona resa pittorica o rarefarsi nella ricerca di una linea essenziale che sintetizzi la visione dei contorni nei profili "al tratto".
Il testo a stampa soddisfa il gusto e l'eleganza di questi ricercati oggetti bibliografici prodotti in epoca barocca e neoclassica fino ad abbracciare l'epoca del più maturo Ottocento, e non di rado rivela l'aspirazione ad esaltare la specificità della cultura locale.
Così si potranno apprezzare i risultati della raffinata editoria quasi esclusivamente bolognese attraverso quattro secoli cruciali dello sviluppo della stampa nelle sue espressioni di più alto significato artistico, e cogliere l'occasione per riflettere sui processi simbiotici che si instaurano tra i caratteri tipografici e l'iconografia: da quelle di coinvolgente enfasi barocca a quelle caratterizzate da un più severo rigore neoclassico, che ne contiene le forme entro schemi nitidi e sobri; fino ai caratteri dell'illustrazione editoriale di epoca romantica e oltre, quando si moltiplicano le tecniche di riproduzione dell'immagine ed i loro confini si fondono e confondono con l'avvento della fotografia.
Il libro d'arte si riconosce per la cura particolare posta nei vari elementi di cui si compone ogni prodotto bibliografico complesso e raffinato: il frontespizio, l'antiporta (l'illustrazione che talvolta lo precede), le dediche, le decorazioni poste all'inizio e alla fine dei capitoli (vignette e finalini), e soprattutto la parte in cui l'arte si esprime e si espande pienamente, cioè quella illustrativa, che è dichiaratamente al centro dell'attenzione nella categoria qui presa in esame.
Essa si rivela quindi come lo specchio del clima culturale che l'ha generata e dell'evoluzione tecnica insita nel processo di lavorazione che rese anche il libro, alla pari di altri prodotti, un oggetto sempre più seriale, sottraendogli a poco a poco quel carattere di unicità dato dall'intervento diretto e riconoscibile dell'artigiano in epoca pre-industriale, quando ogni esemplare era in qualche modo uguale solo a se stesso.

Introduzione alla mostra

Le opere qui esposte vanno dalle semplici serie di stampe dotate di un frontespizio, a volte accompagnato da un breve commento, ai libri in cui lo scritto, più ampio, si articola in funzione delle immagini, creando un testo ornato. Si raggiungono qui risultati estetici autonomi rispetto allo scopo illustrativo rivolto ad una specifica opera pittorica, scultorea o architettonica, o alle vedute cittadine.
Un particolare risvolto della fortuna critica delle opere d'arte si esplicita attraverso le imprese editoriali che coinvolgono uno o più incisori nelle stampe di traduzione dei dipinti, più spesso dei cicli pittorici affrescati, con il fine dichiarato di sottrarre all'oblio i capolavori della pittura bolognese realizzati nei palazzi e negli edifici religiosi, tanto più se esposti alle intemperie, come quelli eseguiti da Ludovico Carracci e dai suoi scolari nel chiostro di S. Michele in Bosco.
Fra quelli in mostra spiccano due imponenti volumi di gran pregio pubblicati nel secolo XVIII:
Le pitture di Pellegrino Tibaldi e di Niccolo Abati esistenti nell'Instituto di Bologna descritte ed illustrate da Giampietro Zanotti (Venezia,Giambattista Pasquali, 1756) e Il Claustro di San Michele in Bosco descritto ed illustrato da Giampietro Cavazzoni Zanotti (Bologna, Dalla Volpe, 1776).
Di grande interesse lo stretto collegamento che unisce due repertori di dipinti: l'uno (1678) ad opera di Giuseppe Maria Mitelli seleziona quelli considerati di maggior pregio nelle chiese; l'altro (1830), di Francesco Rosaspina rappresenta questi capolavori una volta inseriti nella Pinacoteca della Pontificia Accademia di Belle Arti, dove erano stati raccolti in seguito alle spoliazioni degli edifici religiosi avvenute dopo l'ingresso dei Francesi a Bologna (1796).
Con il secolo XIX si accende un nuovo interesse per la scultura, fino allora trascurata dai libri d'arte, se si eccettua la celebrazione della fontana del Nettuno, intimamente legata all'identità cittadina bolognese. I soggetti che affiorano all'attenzione si devono a grandi figure come Jacopo della Quercia (bassorilievi nel portale centrale di San Petronio) e Michelangelo (angelo reggi-candelabro nel sepolcro di San Domenico). La scultura si afferma con forza in campo editoriale come monumento funebre, memoria di uomini illustri effigiati nei sepolcri situati nelle chiese (riprodotti, ad esempio nei quattro volumi dell' Eletta dei monumenti, 1837-1844), che richiamano i cittadini al ricordo delle loro virtù, da riconoscere orgogliosamente come proprie.
Si isola in quest'ambito il caso particolare della Certosa, dove dall'inizio dell'Ottocento si concentra l'attività di scultori e pittori per ornare le sepolture di personalità illustri (molte delle quali appartenenti alla nuova classe emergente della società napoleonica), ma anche di normali cittadini. Così le caratteristiche di tante persone, note ed amate per lo più nella cerchia famigliare, sono ricordate nelle dolenti rappresentazioni del rimpianto che i vivi riservarono ai morti per prolungare i segni del loro affetto.
Le tombe del cimitero monumentale furono quindi oggetto di opere pubblicate con un'ottima veste editoriale, realizzate quando il nucleo originale del Cimitero poteva dirsi compiuto.
Quanto all'aspetto esterno ed interno degli edifici, alcune opere sottoposero il soggetto isolato ad uno sguardo razionale ed analitico, in particolare negli studi architettonici (ricordiamo ad esempio Giuseppe Landi con la sua famosa Raccolta di alcune Facciate di Palazzi e Cortili de più riguardevoli di Bologna, 1728 ca. e i Compartimenti di camere … inventate e dipinte da Antonio Basoli… disegnate ed incise a contorno dai fratelli Luigi e Francesco Basoli, 1827).
Altre opere si proposero di riprodurre le emergenze monumentali inserite nell'ambiente circostante secondo un'intenzione che le identifica come parte di un tutto ricreando l'illusione visiva nelle vedute, un genere in cui nella seconda metà del secolo XVIII eccelse Pio Panfili e nei primi decenni del successivo Antonio Basoli.
Qualche famoso aspetto di Bologna fu prescelto nelle pubblicazioni celebrative per onorare i pontefici Clemente VIII e Pio IX in occasione delle loro visite a Bologna avvenute rispettivamente nel 1598 e nel 1857, che tramandavano anche la memoria degli apparati festivi montati per l'occasione. Tra queste due date è compresa l'intera esposizione.
Attraverso questo breve excursus tra i principali libri d'arte riguardanti Bologna nel periodo considerato emergono i nomi dei principali tipografi ed editori che si impegnarono in questo specifico settore; ne citiamo alcuni: Vittorio Benacci (sec. XVI); Antonio Pisarri e Giuseppe Longhi (sec. XVII); Lelio dalla Volpe, Giuseppe Maria Fabbri e Ferdinando Pisarri (sec. XVIII); Emidio dall'Omo, Giuseppe Lucchesini, Jacopo Marsigli, Natale Salvardi, la Tipografia Governativa della Volpe e del Sassi (sec.XIX).
E' possibile quindi apprezzare l'evoluzione della tecnica tipografica, che fino alla metà del secolo XIX utilizza un supporto di ottima qualità e resistenza, la carta di stracci fabbricata prima artigianalmente poi con procedimenti preindustriali; mentre in seguito la pasta di cellulosa sarà ottenuta con procedimenti chimici e meccanici ad alto contenuto di lignina, che rendono i fogli più deteriorabili.
I destinatari dei libri d'arte risultano evidenti già nelle pagine iniziali, e in particolare nei frontespizi e nelle dediche: tra il Cinquecento e il Settecento sono le autorità, i rappresentanti del potere, gli esponenti del ceto nobiliare a finanziare e favorire le imprese editoriali. Ma a partire dall' '800 assumono un ruolo importante gli "amatori delle Belle Arti", tra cui si allarga il numero dei borghesi benestanti a cui gli editori chiedono di sottoscrivere, pagandole "a rate", la pubblicazione di opere che escono nel corso di alcuni mesi (o anni) al ritmo di una o più tavole per volta riunite in fascicoli con o senza testo. Numerosi avvisi inseriti nei libri qui esaminati permettono di seguire passo per passo le modalità di questo sistema di vendita per sottoscrizione e i suoi processi esecutivi: in una parola le vicende, a volte lunghe e sofferte, attraverso cui imprese editoriali talora assai imponenti giungevano in tutto o in parte a compimento.
Si è ottenuto così uno spaccato significativo del mondo tipografico ed editoriale sovrapposto a quello dell'incisione (più in generale della stampa) e della critica d'arte in funzione di quell'immagine di Bologna che si formò non soltanto con riferimento al suo tessuto urbano connotato dai portici o dalle emergenze architettonico-monumentali, ma attraverso la designazione dei suoi capolavori più rappresentativi in pittura e scultura divulgati nei libri.

La stampa di traduzione

"Fra tutte le arti d'imitazione niuna è generalmente utile quanto l'incisione. Con una stampa accompagnata da una corta spiegazione si comunicano e si diffondono gli oggetti visibili, e si risparmian lunghe e avviluppate spiegazioni.
Se l'invenzione della Stampa ha prodotto nel mondo una delle più grandi rivoluzioni, e ha facilitato i progressi dell'intendimento umano, l'incisione vi ha molto contribuito, e per le Arti poi l'Incisione è quel che la Stampa è per le Scienze".
(Francesco Milizia, Dizionario di Belle Arti del Disegno, Bassano, Giuseppe Remondini,1797)
Nel corso del Settecento, e poi soprattutto nel secolo successivo, le stampe calcografiche seguono i progressi e l'evoluzione della tipografia e hanno un ruolo sempre più importante nell'illustrazione libraria: così nascono preziosi volumi di squisita fattura frutto di intenzioni artistiche e costanti perfezionamenti tecnici.
Alle incisioni su rame ottenute con le tecniche prevalenti del bulino, dell'acquaforte e dell'acquatinta, si affianca la litografia inventata da Alois Senefelder nel 1796, che conoscerà la sua massima espansione nella prima metà dell'Ottocento.
Nei libri di soggetto artistico le cosiddette "stampe di traduzione", raffiguranti opere d'arte, destinate ad un pubblico sempre più ampio di collezionisti, di amatori e di artisti contribuiscono alla conoscenza e alla divulgazione delle opere d'arte.
Nell'Ottocento lo stile di questo tipo di riproduzione, il cui uso tramonterà solo con l'avvento della fotografia, diviene più fedele, oggettivo e aderente al modello di riferimento, lasciando sempre minor margine all'interpretazione.
Le serie di stampe costituivano una vera e propria palestra di studio e di apprendimento per quanti intraprendevano l'attività artistica: esse consentivano ai giovani artisti di acquisire una ampia cultura visiva, facilitando la 'lettura' delle opere d'arte ridotte alla dimensione del foglio.
In molti casi nelle serie di stampe prevalgono i valori estetici su quelli didascalici del testo di accompagnamento, dove però si ha cura di far figurare sempre: il titolo, il nome dell'artista che ha eseguito l'opera (definito inventore), quello del disegnatore che la aveva riprodotta graficamente, e quello dell'incisore o il tipografo, che servendosi delle varie tecniche calcografiche l'aveva materialmente eseguita.
La scelta dei modelli da riprodurre rifletteva la fortuna critica di certe correnti artistiche e i dettami del gusto di una determinata epoca storica.
Le opere con incisioni, pubblicate per far conoscere i grandi cicli di affreschi, testimoniano, ad esempio, il successo della pittura decorativa a Bologna e in Emilia nel corso del Seicento, grazie al ruolo avuto dai Carracci nel processo d'evoluzione della pittura europea, all'abilità raggiunta dai loro allievi e allo sviluppo della pittura di "quadratura". I pezzi esposti documentano l'enorme influsso che i Carracci esercitarono sulla cultura artistica del XVII e anche del XVIII secolo, testimoniato dalla straordinaria divulgazione grafica delle loro opere.

Per continuare la lettura scarica il catalogo in formato PDF:
pdf Catalogo della mostra (PDF)