Giovedì 8 ottobre 2009, ore 17, Sala dello Stabat Mater
I capolavori del Seicento tra Roma e Bologna
Antonio d'Amico, Anna Maria Matteucci e Stefano Papetti
presentano il volume Caravaggio, Guido Reni, Guercino, Mattia Preti.
Le stanze del Cardinale (a cura di Vittorio Sgarbi, Stefano Papetti,
Silvana Editoriale, 2009), catalogo della mostra "Le Stanze del Cardinale
Caravaggio, Reni, Guercino, Preti" allestita nel Palazzo dei Cardinali
Pallotta (Caldarola - Macerata, 23 Maggio - 12 Novembre 2009)
Elevato alla porpora cardinalizia a soli trentacinque anni, Giovanni Battista
Pallotta (1594-1668) proseguì la colta tradizione familiare avviata
in età sistina dallo zio, il cardinale Evangelista, aggiornando le
prospettive della sua intensa attività di collezionista in base ai
più moderni indirizzi perseguiti a Roma negli anni del pontificato
di Urbano VIII. L'inventario delle opere d'arte conservate nella sua residenza
romana è stato il punto di avvio per una complessa indagine archivistica
volta a ricostruire la consistenza della collezione del porporato marchigiano
che, negli anni trascorsi a Ferrara come legato pontificio, intrattenne
rapporti di committenza con i maggiori artisti emiliani del tempo. Predilesse
il Guercino, commisionandogli varie tele fra le quali spiccano Damone
e Pizia e la Cacciata dei mercanti dal tempio, ma raccolse
anche tre dipinti del 'divino Guido', fra le quali si segnala il languido
San Sebastiano di Palazzo Rosso a Genova, e varie opere di Elisabetta
Sirani, Domenichino, Cantarini, Tiarini e Lanfranco. Altre opere importanti
furono commissionate in tempi diversi anche a Mattia Preti, riallacciando
così i rapporti con la città di Cosenza della quale Evangelista
Pallotta era stato vescovo. Tutte queste opere furono raccolte nel palazzo
romano del Pallotta ed unite a quelle già in possesso dello zio,
come la Maddalena e il San Francesco di Caravaggio.
Il cardinale impose ai suoi artisti prediletti di affrontare temi storici,
letterari o allegorici ispirati alla sua azione di governo: fu insomma un
committente esigente e di non facile contentatura.
Alla sua morte la quadreria venne erediata dalla nipote, maritata al conte
Grassi di Bologna, e trasferita nel palazzo felsineo dove, come ricorda
Malvasia, la Santa Caterina del Reni cadde a terra, rovinandosi.
Ben presto cominciava la dispersione delle opere, alcune delle quali furono
acquistate nel 1684 dai marchesi Brignole Sale di Genova, ma molte sono
quelle non più rintracciabili.
La mostra, curata da Stefano Papetti e da Vittorio Sgarbi, è allestita
nel fastoso Palazzo eretto a Caldarola dal cardinale Evangelista e consentirà
fino al 12 novembre di ammirare i dipinti del cardinale Giambattista, per
una volta ancora riuniti nelle stesse sale in cui furono ammirati dai sovrani
e dai nobili viaggiatori, tra cui la regina Cristina di Svezia, Casimiro
di Polonia e vari principi romani, ospitati dai Pallotta mentre erano in
viaggio verso il santuario di Loreto.
Il catalogo, che riproduce tutte le opere, accoglie numerosi saggi critici
che indagano la figura del cardinale, la storia della sua collezione, il
ruolo della città di Caldarola e gli esiti delle vicende collezionistiche
del Seicento italiano.