L'Orizzonte di K.
Da martedì 23 a domenica 28 gennaio 2007, nel Teatro Anatomico dell'Archiginnasio
la compagnia OLTRECONFINE, in collaborazione con Mercedante Teatro Stabile
di Napoli, metterà scena il monologo "L'Orizzonte di K.",
testo e regia di Roberto Cavosi, interpretazione di Jesus Emiliano Coltorti.
ORARIO:
Mart. 23, merc. 24, gio. 25, ven. 26 gennaio: ore 17.
Sab. 27 gennaio: ore 11.
Dom. 28 gennaio: ore 15.
INGRESSO: con biglietto gratuito, da ritirare presso l'Emporio della
Cultura (piazza Maggiore 1 - Bologna, tel. 051 273501). 90 è il numero
massimo di posti disponibili per ogni rappresentazione.
Evento organizzato dal Settore Cultura e Rapporti con l'Università
del Comune di Bologna.
L'attore dà corpo e voce a un monologo duro e emozionante, capace
di restituire allo spettatore tutto il dolore e il profondo smarrimento
che la condizione della prigionia e le pratiche della tortura procurano
in chi le subisce.
È un tema, quello della prigionia e della tortura umane, purtroppo
di grande attualità: "K. - racconta l'autore e regista del lavoro
- è un prigioniero, è 'il prigioniero', che nulla sa del mondo
al di fuori della sua prigione, ma da essa percepisce gli strazi e le speranze
dell'umanità. Una sorta di Giuseppe gettato nel pozzo dai fratelli
e da dove, smarrito, cerca la via d'uscita. E' un uomo, corpo santità
e spirito, come tutti noi, che attonito osserva e subisce la tortura, l'iniquità
del mondo, raccontandoci il dipanarsi di questo nostro impuro e feroce '900...".
"K. - continua ancora Cavosi - è l'orizzonte, il mistero dell'iniquità,
il riflesso antitetico della banalità del male, è lo stupore
di chi contempla l'annullamento progressivo al significato della vita. Egli
è gonfio del dolore che contempla il creato senza per altro riuscire
a spiegarselo, deve solo subirlo. La sua coscienza negata, destrutturata
e plagiata dai torturatori diventa paradossalmente necessaria alla salvezza,
l'unico vero scampolo d'umanità. Nella dissoluzione della vita, trattata
come insignificante oggetto di consumo, egli resiste come seme nella neve,
involontaria luce di supremazia. Più K. viene negato più il
suo orizzonte s'allarga, più viene umiliato più siamo costretti
ad amarlo. Il suo corpo martoriato rappresenta forse l'eresia della ragione,
forse l'inefficacia salvifica della croce, ma proprio per questo a maggior
ragione dobbiamo amarlo per amare noi stessi, il nostro corpo, i nostri
sentimenti, tutto ciò che abbiamo di più caro e di unico."